Contro tutti, contro i colleghi presidenti e la stampa avversa, che a volte sono la stessa cosa. La crociata di Rocco Commisso contro il sistema calcio italiano lo ha portato persino in tribunale. Con una querela al giornale che quel mondo lo racconta da sempre, e in un certo senso lo rappresenta: la Gazzetta dello Sport. E quindi, indirettamente, a Urbano Cairo, patron del Torino e pure editore della Rosea.

Lo scorso dicembre, la Procura di Cagliari (è lì che viene stampata la prima copia) ha chiuso le indagini preliminari per il procedimento scaturito da un editoriale firmato a maggio 2021 dal vicedirettore del quotidiano sportivo più letto d’Italia, Andrea Di Caro, sulla famosa conferenza stampa tenuta all’epoca dal presidente della Fiorentina. Un autentico show, durato quasi due ore, dove Commisso si era scagliato contro l’ambiente fiorentino e i media, colpevoli a suo dire di delegittimarlo con notizie false e tendenziose. La stampa aveva reagito da par suo, con un fuoco di fila contro il patron. Fra i vari articoli, anche il commento della Gazzetta che canzonava il presidente, concludendo: “Commisso non si offenda, faccia come noi che preferiamo riderci su”. Non è andata proprio così.

Il n.1 della Fiorentina ha deciso di sporgere una denuncia-querela per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, ritenendo “apertamente denigratori e discriminatori” i toni usati. C’è un passaggio in particolare che lo ha fatto andare su tutte le furie: quando viene ridotto a macchietta, e apostrofato come “don Rocco”: “Più che da un gangster movie di Coppola o Scorsese, sembra uscito da un film poliziottesco all’italiana di Serie B”. Ma Commisso, che nella querela riepiloga il suo percorso di vita e la carriera che lo ha portato dal nulla ad essere uno degli uomini più ricchi del pianeta, tiene tantissimo al mito del self-made man. Come all’orgoglio, in questo caso ferito, dell’emigrato che ce l’ha fatta. Per lui la Gazzetta ha “offeso la reputazione dell’intera comunità italoamericana, che quotidianamente si batte per sradicare l’orribile stereotipo che associa lo stigma della criminalità organizzata ai nostri connazionali d’Oltreoceano”. Allo stesso modo, la frase “Commisso ricorda una certa brutta Italia, che preferiamo resti solo nei vecchi film”, sarebbe un chiaro riferimento alla mafia: un accostamento “allusivo inaccettabile e offensivo”, che merita di essere perseguito.

Contattata da ilfattoquotidiano.it, dalla Gazzetta non commentano, ma ormai non sembra più una semplice querela, quasi una questione personale (un altro duro articolo è arrivato dopo la recente intervista al Financial Times). Anche perché Commisso non ha citato un giornale qualsiasi, visto che dall’altra parte c’è Cairo, col doppio ruolo di editore del quotidiano sportivo più importante d’Italia e proprietario di una squadra che gioca in Serie A. E non risultano molti precedenti di patron che abbiano deciso di portare in tribunale il giornale di un loro collega presidente. Poi i due si ritrovano fianco a fianco in Lega Calcio per discutere del futuro del calcio, e litigare pure lì. La battaglia di Commisso contro il sistema continua, fino in tribunale.

Twitter: @lVendemiale

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