Non c’era bisogno di Don’t look up perché Homo Sapiens facesse coming out e diventasse consapevole, fino a dichiararlo, che rischia di fallire nel più importante dei suoi obiettivi: sopravvivere. O forse invece ce n’era proprio bisogno, di un film, per decretare che il Re è nudo, e darne pubblica visione, a mo’ di ammonimento, da qui alla fine. La fine, naturalmente, non è la cometa della dottoranda di Di Caprio, dritta dritta in collisione contro di noi, ma il terrificante 2030: la notizia positiva però è che siamo avvantaggiati rispetto al cast hollywoodiano, perché loro avevano solo sei mesi, noi invece otto anni. Poi, si sa, la Terra raggiungerà i fatidici 1,5 gradi varcando la soglia del non ritorno, ovvero cambiamenti in tutto l’ecosistema totalmente irreversibili.

Sarebbe bello, anche noi, trovarci in una fiction, e invece è pura, cruda realtà. Finora si è faticato, come nel film, a crederlo, ma il Covid una bottarella di adrenalina l’ha data, e a me sembra che adesso l’umanità non sia più la stessa (il che, naturalmente, mi appare come ottima notizia, per lo meno in termini di risveglio, quindi di possibilità di reazione). Nel nostro piccolo, la curva in costante crescita del Movimento culturale ReWriters (150% ogni settimana dal 20 giugno 2020, giorno della nascita) è una discreta dimostrazione di un certo cambio di rotta: tante persone scelgono di entrare in una rete progressista, responsabile, impegnata in una rivoluzione valoriale, a partire dai personali stili di vita, fino al modo di intendere la collettività e il bene comune.

L’Anno Nuovo si preannuncia come l’Era della Grande Decadenza (tecnicamente: il deterioramento di un ordinamento politico in cui sopravvengano instabilità, disordine, incoerenza tra le istituzioni), ben rappresentata dalla saga Ferragnez, gioiello di post-verità e oppio dei popoli digitali, perfetta per indicare la scintillante via di fuga, come sempre illusoria ma efficace. Così, tutti positivi al Covid (o con amici positivi), con tre dosi in corpo, rassegnati e senza alcuna vitalità (nemmeno la rabbia contro i non vaccinati, evaporata per esasperazione), entriamo nel 2022 con i corrupti mores che imbestialivano Sallustio condannando i pauci potentes ma come loro abbagliati da potere e ricchezze, nella speranza che possano seppellire quel 2030.

Sembrerebbe che quel “pennacchio evolutivo” di cui parlava Gianni Liotti riferendosi alla nostra coscienza non abbia fatto che danni, per lo meno in termini di performance di Homo Sapiens: da quando, infatti, abbiamo sviluppato la funzione della coscienza che ci ha permesso una “comunicazione complessa” capace di implicare scambi di messaggi riguardanti il presente percettivo, il passato e il futuro possibile e, attraverso i neuroni specchio, l’architettura del cervello si è di conseguenza organizzata in maniera tale da poter percepire l’altro come un essere intenzionale e dotato di un’esperienza emozionale simile alla propria, ecco che, sbam!

Invece di mettere questa funzione (la coscienza) al servizio del più raffinato dei sistemi motivazionali, il sistema cooperativo (attivato dalla percezione di risorse non limitate e segnali non minacciosi come il sorriso, ha come meta il conseguimento di un obiettivo comune), ecco che l’abbiamo sottomessa alla parte meno evoluta del nostro funzionamento: il cervello rettiliano, infatti, il primo a svilupparsi, è deputato alla sopravvivenza in modo istintivo e ordina azioni con lo scopo di rispondere a bisogni primitivi (accumulo-potere-dominazione). Da qui alla depredazione delle risorse del pianeta fino all’estinzione è un attimo. E in tutto questo, dimostriamo di non essere affatto la specie più intelligente tra le altre, quasi tutte migliori di noi in termini di adattamento.

Ok, ma perché? E, soprattutto, che fare?

Perché. Nel mio libro Il corpo della terra, scritto a due mani con la psicoterapeuta liottiana Giusy Mantione, sostengo che la distruzione del pianeta da parte degli esseri umani sia un agito autolesivo mosso da pulsioni narcisistiche e onnipotenti e che sostanzialmente riguardi il dramma di una relazione negata, quella che fisiologicamente lega l’essere umano al suo ambiente naturale.

Che fare. Con il Movimento culturale ReWriters cerchiamo di lavorare per ricomporre questa devastante frattura, integrando le visioni egologiche con quelle ecologiche, per poter costruire un nuovo immaginario sulla nostra identità e sulla nostra appartenenza.

Per il resto, Buon Anno!

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