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Piazza San Carlo, la chat tra Appendino e l’ex capo di gabinetto: “Se viene fuori che gli steward non c’erano per problemi di soldi siamo morti”

La conversazione tra l'esponente M5s e Giordana è stata resa nota in Corte d’Assise dalla difesa di uno dei nove imputati di disastro colposo, il viceprefetto Roberto Dosio. Il processo riguarda le lacune in materia di organizzazione e di gestione della serata in piazza.
Piazza San Carlo, la chat tra Appendino e l’ex capo di gabinetto: “Se viene fuori che gli steward non c’erano per problemi di soldi siamo morti”
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“Se viene fuori che gli steward non c’erano per problemi di soldi siamo morti”. Era il 5 giugno 2017 quando la sindaca di Torino, Chiara Appendino, indirizzava queste parole via chat al suo capo di gabinetto, Paolo Giordana. Due giorni prima c’era stata la tragedia di piazza San Carlo, con le ondate di panico che si erano abbattute sulle decine di migliaia di persone ammassate sotto il maxischermo per la finalissima di Champions League tra Juventus e Real Madrid, la folla impazzita, la gente calpestata mentre tentava di fuggire. Si sapeva che c’erano stati 1.500 feriti in un elenco che comprendeva anche due donne, Erika Pioletti e Marisa Amato, che in seguito moriranno per le gravissime lesioni. Nelle motivazioni del processo in abbreviato di primo grado il giudice scrisse che l’approccio dell’allora prima cittadina all’evento era stato “frettoloso, imprudente e negligente”.

La conversazione tra l’esponente M5s e Giordana è stata resa nota in Corte d’Assise dalla difesa di uno dei nove imputati di disastro colposo, il viceprefetto Roberto Dosio. Il processo riguarda le lacune in materia di organizzazione e di gestione della serata in piazza. L’obiettivo degli avvocati Claudio Strata e Giancarla Bissattini è stato dimostrare che la Commissione provinciale di vigilanza da lui presieduta, l’organo deputato a svolgere una serie di controlli, non deve pagare per le omissioni di altri. La chat si riferisce solo a uno dei tanti punti controversi: la questione degli steward, figure professionali altamente specializzate che avrebbero dovuto controllare gli accessi. Quella sera non c’erano.

“Ma nessuno – hanno detto gli avvocati – informò la prefettura. L’agenzia Turismo Torino, alla quale il Comune affidò l’organizzazione, il 1 giugno scrisse alla questura che per ragioni economiche non era possibile predisporre un servizio di steward. Quindi ci pensarono le forze dell’ordine, mobilitando in tutto un centinaio di agenti. Ma di questo la Commissione rimase all’oscuro. Diversamente avrebbe dato delle indicazioni precise su come regolare l’attività”.

Nella chat, Appendino chiede a Giordana se “sapevamo che la questura ci aveva chiesto di mettere gli steward e che non avevamo soldi?”. Il capo di gabinetto rispose che “non era una richiesta” perché si trattava di una circolare generale (firmata dal capo della polizia pochi giorni prima) “valida per tutta Italia” e inoltrata a Turismo Torino; quindi aggiunse che “se gli steward fossero stati indispensabili ci avrebbero dovuto mettere quella prescrizione. Non lo hanno fatto. Affari loro”. “Io – fu la replica della sindaca – non la farei così semplice. Su ‘sta roba verrà fuori un merdone unico“. Il 27 gennaio 2021 Appendino e Giordana sono stati condannati a diciotto mesi nel troncone del processo celebrato con il rito abbreviato. Ora attendono il giudizio d’appello. L’ex prima cittadina di Torino si è vista infliggere una pena di 18 mesi di reclusione per disastro, omicidio e lesioni colpose.

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