Se la nuova dirigenza Rai puntasse sulla programmazione in prima serata di documentari come quello andato in onda ieri su Rai3 intitolato “Afghanistan. Dalle minigonne di Kabul a Bin Laden”, non ci si sentirebbe più presi in giro quando la tv pubblica viene indicata come la prima industria culturale del Paese. La struttura Rai Documentari diretta da Duilio Giammaria, uno degli inviati più esperti di conflitti asiatici, ha offerto ai telespettatori un excursus inedito e illuminante sulla storia dell’Afghanistan, primo Paese di questo cruciale continente a permettere alle donne di votare e oggi di nuovo nella morsa oscurantista dei talebani.

Durante la presentazione alla stampa delle due puntate – la seconda andrà in onda il 3 dicembre sempre in prima serata sulla terza rete- erano presenti tra gli altri Khaled Zekriya, l’attuale ambasciatore afghano in Italia che deve affrontare questo difficile periodo di transizione del proprio paese, e Stefano Pontecorvo, il nostro ambasciatore alto rappresentante civile della Nato, diventato noto al grande pubblico per aver coordinato con encomiabile perizia presso l’aeroporto di Kabul l’evacuazione di migliaia di afghani nei giorni della riconquista del potere degli “studenti” coranici avvenuta lo scorso agosto. Pontecorvo ha sottolineato la loro impreparazione a governare e a gestire la disastrosa crisi umanitaria in corso anche a causa della lotta al coltello tra le fazioni: “I talebani non sono compatti, anzi. Le varie fazioni sono in lotta tra loro per accaparrarsi tutto il potere”. Come sono nati e chi li ha finanziati lo si è iniziato a comprendere nella puntata di ieri. Come sono arrivati al potere per la prima volta nella seconda metà degli anni ’90 e il ruolo giocato da Bin Laden lo si capirà nella prossima puntata (3 dicembre), frutto di una coproduzione internazionale, che completerà il quadro di 60 anni di storia dall’occupazione sovietica al regime talebano fino all’11 settembre.

Nella prima parte del documentario sono state intervistate alcune tra le figure femminili che hanno partecipato come ministre e parlamentari al governo del Paese a partire dal 2001 in seguito alla cacciata dei talebani da parte delle truppe statunitensi e Nato. Attraverso inediti filmati d’archivio abbiamo sentito il punto di vista di Sima Samar, ministra delle Pari opportunità sotto il presidente Karzai e Shukria Barakzai, Membro dell’assemblea costituente, le prime due donne al governo in Afghanistan nella sua storia.

Il volto dell’Afghanistan cambia davanti ai nostri occhi con il susseguirsi di preziose immagini di repertorio: da Paese moderno e in stile occidentale grazie alla monarchia progressista di re Amanullah Khan alla guerra dei mujiaidin contro i sovietici che propiziò l’instaurazione di un regime islamico. Il documentario, che annovera tra gli autori anche l’italiano Lucio Mollica, oltre a Mayte Carrasco e Marcel Mettelsiefen, vincitore del Grimme Preis 2021 offre una analisi completa degli errori del passato. “Dopo aver visto questo documentario in due puntate, nessuno potrà più dire di non aver capito ciò che è avvenuto in Afghanistan”, ha dichiarato Duilio Giammaria.

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