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Patrick Zaki, ventuno mesi senza la libertà

Patrick Zaki, ventuno mesi senza la libertà
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Patrick Zaki, lo studente dell’Università di Bologna arrestato il 7 febbraio 2020 all’aeroporto del Cairo mentre rientrava in Egitto per visitare la sua famiglia, ha ultimato ieri il suo ventunesimo mese di privazione della libertà.

Trascorrerà nella prigione di Tora, alla periferia della capitale egiziana, sicuramente un altro mese in vista dell’udienza, prevista il 7 dicembre, del processo che lo vede imputato di “diffusione di notizie false” per aver pubblicato un articolo sulla discriminazione della comunità cristiano-copta.

Patrick è uno dei tanti prigionieri di coscienza che non hanno beneficiato dell’abrogazione dello stato d’emergenza, annunciata due settimane fa dal presidente al-Sisi: infatti, i tribunali d’emergenza porteranno avanti i processi già iniziati. Contro i loro verdetti non è possibile ricorrere in appello ma solo chiedere la grazia al presidente della repubblica.

Nel periodo immediatamente precedente l’annuncio di al-Sisi si è assistito a una serie di rinvii a giudizio di detenuti che avevano quasi terminato, o addirittura superato, il periodo massimo di custodia cautelare di 24 mesi.

Proprio oggi è prevista la nuova udienza nei confronti dello scrittore e attivista Alaa Abd el-Fattah, dell’avvocato per i diritti umani Mohamed el-Baqer e del blogger Mohamed “Oxygen” Ibrahim.

Sono accusati anche loro di “diffusione di notizie false”: Alaa Abd el-Fattah e Mohamed el-Baqer per aver criticato le autorità circa il trattamento dei detenuti e per alcuni decessi in custodia avvenuti in circostanze sospette; Mohamed “Oxygen” Ibrahim per aver denunciato sui social media il mancato rispetto dei diritti sociali ed economici da parte del governo.

Mohamed “Oxygen” Ibrahim è stato arrestato il 21 settembre 2019, Alaa Abd el-Fattah otto giorni dopo, così come Mohamed el-Baqer, suo avvocato, proprio mentre si era recato a incontrare il suo cliente in un ufficio della procura.

I tre imputati hanno trascorso oltre due anni in detenzione preventiva senza poter conferire in privato coi loro avvocati e senza avere contatti regolari con le loro famiglie: Mohamed “Oxyger” Ibrahim ha potuto vedere la sua lunedì scorso, per la prima volta dal febbraio 2020.

Sono oltre 140 i processi celebrati negli ultimi quattro anni o quelli ancora in corso di fronte ai tribunali d’emergenza.

Sul banco degli imputati sono, tra gli altri, l’ex parlamentare e avvocato per i diritti umani Zyad el-Elaimy, i giornalisti Hisham Fouad e Gossam Moanis, il difensore dei diritti umani Ezzat Ghoniem, l’avvocata per i diritti umani Hoda Abdelmoniem (che ha superato i tre anni di detenzione), l’ex candidato alle presidenziali del partito “Masr al-Qawita” Abdelmoniem Aboulfotoh e il vicepresidente di questo partito, Mohamed al-Kassas.

Da un tribunale d’emergenza è stato già condannato a quattro anni di carcere lo studente dell’Università centrale europea di Vienna Ahmed Samir Santawy, sempre per “diffusione di notizie false”, a causa di post pubblicati sui social media.

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