È dedicata ai ragazzi questa giornata della Cop26 di Glasgow. In mattinata il comitato giovanile della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), denominata Youngo, ha presentato la sua Dichiarazione per il clima e si è confrontato con i leader politici. Nel frattempo è iniziato nelle scorse ore al Kelvingrove Park di Glasgow lo sciopero del clima di Fridays for Future, con la partecipazione di Greta Thunberg e Vanessa Nakate. Migliaia di persone si sono raccolte nei viali del parco: sono arrivati a George Square nel centro della città. Qui, sono intervenuti alcuni attivisti provenienti da Paesi meno sviluppati: Colombia, Pakistan, Brasile, Uganda, Giamaica, Argentina, Papua. Tutti quanti raccontano storie di fame, disastri naturali, omicidi politici. Accusano il Global North – cioè i paesi ricchi – di sfruttare i loro Paesi e di non aiutarli a combattere la crisi climatica, appoggiando invece i tiranni locali. In seguito ci sono stati gli interventi di Thunberg e Nakate, partendo da quest’ultima: “Quanto dovrà passare prima che i leader delle nazioni capiranno che la loro inazione distrugge l’ambiente?”, ha detto l’attivista ugandese. “Siamo in una crisi, un disastro che avviene ogni giorno. L’Africa è responsabile del 3% delle emissioni storiche, ma soffre il peso maggiore della crisi climatica. Ma come può esserci giustizia climatica se non ascoltano i paesi più colpiti? Noi continueremo a lottare”.

Poco dopo è toccato a Greta: “È chiaro a tutti che la CoP26 è un fallimento“, ha detto dal palco, accusando i leader e i potenti del mondo di “sapere bene” ciò che stanno facendo: “Bei discorsi” per nascondere “parole vuote e bla bla bla”. La giovane attivista svedese denuncia la conferenza sul clima in corso in Scozia come quella che ha “escluso di più” le voci dal basso, dice che non si può affrontare la minaccia del cambiamento climatico “con gli stessi metodi” che hanno portato il mondo a doverla affrontare e accusa i delegati di far leva su “cavilli e statistiche incomplete” per salvaguardare “il business e lo status quo”. Secondo l’attivista svedese, “I fatti non mentono. Abbiamo bisogno di un drastico e immediato taglio delle emissioni. Ma dobbiamo cambiare fondamentalmente la nostra società. La crisi climatica nasce dal principio che chi ha di più ha il diritto di sfruttare gli altri. Ma questo non si dice alla Cop, è sgradevole. Meglio ignorarlo”. E ha proseguito: “Ci sono state 26 Cop, decenni di bla bla bla, ma intanto continuano a costruire nuove infrastrutture per le fonti fossili, ad aprire nuove miniere di carbone e non pagare i danni ai paesi più colpiti. Questo è vergognoso. Ci dicono che siamo radicali”, ha concluso Greta, “ma tenere il mondo verso 2,7 gradi di riscaldamento non è radicale, è folle“.

In testa al corteo ragazzi le popolazioni indigene dell’Amazzonia, con i tipici copricapo di penne colorate. I partecipanti scandiscono gli slogan “Cosa vogliamo? Giustizia climatica!”, “Il popolo unito mai sarà sconfitto” e “People have the power”. In tutto, George Square, sono circa 10mila persone. Ne danno notizia i media britannici e per alcuni il numero dei partecipanti al comizio con oratori da tutto il mondo, inclusa Greta, potrebbe risultare anche più alto. Fra i presenti si contano tantissimi giovani, studenti ma anche decine di bambini, molti sulle spalle dei genitori, e con cartelli su cui è scritto: “Salvate il nostro mondo”

Sul posto anche una delle portavoci italiane di Fridays for Future, Martina Comparelli: “Siamo arrivati anche noi a Glasgow dall’Italia per dire ai leader che devono trattare l’emergenza climatica come un’emergenza, devono smettere di tergiversare, di usare e nostre parole e poi non prendere decisioni. Basta dare priorità agli interessi delle aziende delle fonti fossili”, ha detto all’Ansa. “Bisogna mettere al centro la salute dell’ambiente e dei cittadini, prendere impegni e metterli in atto. Ma subito, non nel 2050. Ai leader diciamo ‘agite subito, altrimenti ci prendete in giro'”. L’attivista milanese racconta di essere arrivata a Glasgow in treno da Bruxelles, dove lavora, evitando di prendere l’aereo perché produce troppi gas serra. “La maggior parte di noi è venuta qui in treno. Lo facciamo perché ci sentiamo di vivere secondo i nostri principi”. Comparelli racconta che gli italiani di Fridays for Future a Glasgow hanno trovato ospitalità presso altri attivisti (gli alberghi nei giorni della Cop26 costano dai 500 euro al giorno in su).

Una delegazione di madri, in rappresentanza di quasi 500 gruppi di genitori provenienti da 44 paesi, ha consegnato una lettera al presidente della Cop26 Alok Sharma, chiedendo la fine del nuovo finanziamento dei combustibili fossili per il bene della salute dei loro figli e del loro futuro. La delegazione – riporta il Guardian – era guidata dalla britannica Rosamund Adoo-Kissi-Debrah che ha perso la figlia di nove anni Ella a causa di una grave asma legata all’inquinamento atmosferico. Ad accompagnarla anche diverse mamme provenienti da India, Brasile, Sud Africa, Polonia e Nigeria. “Molte parole e nessuna azione – e l’inquinamento tossico nelle nostre strade – sta alimentando una crisi di salute pubblica che sta facendo ammalare i nostri bambini e minacciando il loro futuro”, ha detto Kissi-Debrah. “Abbiamo bisogno di un’azione urgente ora”.

“Ci siamo resi conto che non c’è una preparazione sufficiente ad affrontare le questioni legate alla transizione ecologica e i cambiamenti climatici, e la scuola in questo può fare molto”. ha commentato il ministro Cingolani in conferenza stampa da Glasgow: “Serve acquisire le basi in fisica, economia, energia, scienze sociali. Stiamo pensando di lanciare un programma pilota che preveda prima di tutto di educare gli insegnanti, o meglio: aggiornarli”. Una piattaforma con diversi livelli di apprendimento e crediti formativi. “Sogno una realtà in cui nel proprio curriculum vitae, ognuno possa indicare le proprie competenze linguistiche, digitali e di sostenibilità”.

Nel frattempo, l’inviato americano per il clima John Kerry ha detto che i 100 miliardi di dollari promessi dalle Nazioni ricche alle Nazioni povere potranno essere consegnati nel 2022, un anno prima di quanto si pensasse in precedenza. Lo riferisce il Guardian online, notando tuttavia che sono comunque due anni di ritardo. Un rapporto dell’Ocse del 25 ottobre affermava che i Paesi in via di sviluppo avrebbero avuto accesso a 97 miliardi di dollari di fondi pubblici e privati nel 2022 e a 106 miliardi di dollari nel 2023. “Ciò significa che per il 2022 ora abbiamo tutti i 100 miliardi di dollari che volevamo e 100 miliardi in futuro, quindi eliminiamo questo problema dal tavolo”, ha affermato l’inviato americano per il clima. Kerry ha inoltre ribadito come il lavoro necessario a garantire la salvaguardia del pianeta contro il cambiamento climatico non sia stato ancora portato a termine: “Lasciatemelo sottolineare nei termini più forti, il lavoro non è compiuto. La prima parte, quella per definire l’urgenza (del problema), sarà sperabilmente compiuta (entro la conclusione della CoP), ma si tratterà solo dell’inizio. Perché questa è una corsa destinata a durare un decennio”. Kerry ha poi elogiato il fatto che “una massa critica di Paese sia sia mossa” durante i lavori di Glasgow “sulla strada del mantenimento in vita degli impegni” per garantire il contenimento della crescita del surriscaldamento terrestre entro il limite di 1,5 gradi in più rispetto alle temperature medie dell’era pre-industriale. E tuttavia – ha rimarcato – questo obiettivo non potrà certo “essere realizzato entro la settimana” residua della Cop.

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