Un’arrampicata sugli specchi tra la realtà di un accordo annacquato che già preoccupa Onu e Regno Unito per i destini di Cop26, che inizia oggi a Glasgow, e il non mettere in ombra Mario Draghi, che il G20 lo ha presieduto e alla fine ha rivendicato come un “successo” le vaghe intese, senza garanzie, e i mezzi passi avanti messi nero su bianco nel documento finale. Così mentre i grandi media stranieri spaziano da “debole riunione” (Cnn) che “non riesce a colmare le divisioni” (Los Angeles Times) ai “limitati progressi” del The Guardian arrivando all’asciutta cronaca del Frankfurter Allgemeine Zeitung (“I paesi del G-20 non riescono a concordare obiettivi climatici più ambiziosi”), la grande stampa italiana fa prove di equilibrismo per “salvare” quanto stabilito nella due giorni di Roma orchestrata dal presidente del Consiglio. Quasi un cambio di rotta imposto dall’interpretazione data al meeting da Draghi nella sua conferenza stampa, quando invece i quotidiani in edicola domenica avevano descritto in maniera plastica le difficoltà di dare un senso profondo alla riunione dei venti leader mondiali nella Nuvola di Fuksas. “La strada è in salita”, riportava La Repubblica in edicola il 31 ottobre. “Trattativa in stallo”, notava La Stampa. Mentre il Corriere della sera sottolineava già come il target degli 1,5 gradi fosse ormai “senza più una data”.

Invece lunedì se da un lato si ritrovano cronache asciutte di quanto (poco) i grandi del Mondo hanno scritto alla fine dei lavori, dall’altro è tutto un osanna alle qualità del presidente del Consiglio. Emblematico il contorsionismo del Corriere della sera, che a pagina 3 racconta della “tattica dell’empatia” di Draghi che giudica un “successo” il G20 ma “è lui stesso” a “descrivere quello che è un compromesso”. Come? “Con professione di modestia e sincerità”. E nelle pagelle ai leader l’ex numero della Bce viene descritto come “di nuovo in missione” dopo aver “salvato l’euro”. Insomma: “Difficile negare il successo del G20. Voto 9”. Anche La Repubblica deve reinventarsi funambola: Draghi diventa un “tessitore”, un ruolo che “non è stato semplice”. Quindi si sottolinea come certamente l’organizzazione sia stato un “successo”, sulle trattative invece – cioè l’unica cosa che contava – la partita è stata “più complessa”.

È filato tutto liscio, e ci mancherebbe, ma insomma gli impegni assunti sono stati assai sfumati. C’è l’accordo sugli 1,5 gradi ma manca la data, impostata attorno al 2050. Forse un po’ prima, come vorrebbe la Germania, forse un po’ dopo come invece intendono impegnarsi Cina, Russia e India, tre dei più grandi inquinatori al mondo. Per dirla con le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, sulla lotta al cambiamento climatico le speranze sono al momento “disattese, ma non sepolte”. Eppure secondo Il Messaggero il G20 ha aperto un “nuovo corso mondiale” e “l’Italia guida la svolta”. E ancora: “Ok al tetto a 1,5 gradi”, ma nei titoli di pagina 2 e 3 non si dice mai che non esiste una data certa. Per comprendere in maniera chiara la vaghezza degli impegni i lettori devono arrivare a pagina 4 e buttare l’occhio su un catenaccio. Per la sintesi più efficace dei grandi giornali italiani bisogna prendere tra le mani La Stampa: “Spiccioli per il clima”, titola il quotidiano torinese giocando sulla foto con i 20 leader impegnati nel lancio della monetina dentro la Fontana di Trevi. Senza comunque mettere in ombra il “successo di Draghi”.

All’estero a quanto pare non ne hanno compreso la portata, se sulla home page del sito della Cnn, l’inviata a Glasgow descrive l’inizio dei lavori della Cop26 come “inquietante” a causa della “debole riunione” dei leader del G20. E The Guardian racconta la “preoccupazione” dei Paesi poveri per i “limitati progressi” sul clima maturati nei lavori presieduti da Draghi: “I leader affermano di aver sperato in qualcosa di più dai colloqui di Roma e che le possibilità di rimanere al di sotto di 1,5 gradi stanno svanendo”. Tra le voci più critiche raccolte dall’autorevole quotidiano inglese quella di Gaston Browne, primo ministro di Antigua e Barbuda e presidente dell’Alleanza dei piccoli Stati insulari, che rappresenta 39 Paesi: “Da quello che ho visto sembra che supereremo 1,5 gradi. Siamo molto preoccupati. Per noi è una questione di sopravvivenza”, ha spiegato riportando la visione dei Paesi caraibici tra i più colpiti dai cambiamenti climatici. Per il Los Angeles Times il G-20 “non riesce a colmare le divisioni” su “pandemia e cambiamento climatico”. Ma senza finire nell’altro emisfero, basta leggere la ricostruzione del Frankfurter Allgemeine Zeitung per trovare condensato in titolo e attacco dell’articolo il topolino partorito a Roma: “I paesi del G-20 non riescono a concordare obiettivi climatici più ambiziosi”, scrive il quotidiano tedesco. E descrive in due righe, nella maniera più cruda possibile, la realtà: “Al vertice di Roma, i governi dei paesi del G-20 si sono limitati a riaffermare gli obiettivi dell’accordo di Parigi sul clima”.

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