“L’Italia deve essere all’altezza degli impegni” presi con Bruxelles nel 2017 per la privatizzazione di Banca Monte dei Paschi di Siena. “Se l’Italia crede che ci siano altri modi per adempiere e per uscire dalla proprietà di Mps, spetta a loro avanzare proposte. Noi restiamo in contatto con le autorità”. Così una portavoce Ue ai giornalisti sul caso Mps dopo lo stop delle trattative tra il ministero dell’Ecnomia (che possiede il 64% della banca senese, ndr) e Unicredit. No comment invece sulla richiesta del governo italiano di una proroga per la scadenza entro la quale il Mef dovrebbe uscire dal capitale del gruppo senese, fissata secondo indiscrezioni mai smentite al 31 dicembre 2021.

Su questo allungamento della scadenza il governo italiano ha puntato molto. Più tempo a disposizione darebbe al Tesoro la possibilità di cercare un altro compratore e/o di intervenire ulteriormente sulla banca rendendola più appetibile. La rottura tra Mef e Unicredit si è consumata sulla cifra che lo Stato dovrebbe offrire a chi si fa carico di Mps. Si era partiti da circa 4 miliardi, Unicredit, dopo aver visionato i conti, ne ha chiesti più del doppio, secondo alcune ricostruzioni addirittura tredici in forma di di crediti di imposta e ricapitalizzazione. Negli ultimi anni Mps ha già ricevuto due iniezioni di capitale da 3 e 5 miliardi di euro. Il conto finale, in larga parte a carico dei contribuenti, è destinato a superare i 15 miliardi di euro. L’ufficio di presidenza della commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario ha deciso oggi di convocare in audizione gli amministratori delegati di Unicredit, Andrea Orcel, e Mps, Guido Bastianini, il prossimo 8 novembre. Le audizioni si terranno a partire dalle 17:30, a mercati chiusi. La commissione parlamentare è intenzionata a sentire anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non più tardi del 20 novembre.

“L’Italia, continua la portavoce Ue, si è impegnata a vendere tutte le quote” di Mps “entro una certa data” e “il termine temporale per la privatizzazione non è scaduto”, ha ribadito la portavoce, che tuttavia non può commentare la scadenza perché considerata un’informazione price sensitive e “confidenziale”. “Come sempre, è responsabilità degli Stati membri adempiere” agli impegni presi con la Ue “e proporre come rispettarli, spetta perciò all’Italia decidere e proporre modalità per uscire la proprietà di Mps tenendo in considerazione le decisione adottate nel 2017”, ha ricordato la portavoce. “Quando abbiamo adottato la decisione – ha aggiunto -, il piano di ristrutturazione” presentato dall’Italia “aveva gli elementi per” garantire “la sostenibilità a lungo termine della banca sulla base degli impegni impresi”, poi “le cose possono cambiare” nel tempo.

Il titolo Mps, che ieri era arrivato a perdere il 20% salvo poi recuperare quasi interamente il calo, guadagna oggi in borsa l’1,1%. Il segretario generale della Fabi (la federazione dei bancari italiani) Lando Maria Sileoni, ha affermato oggi “non credo che la situazione sia definitivamente chiusa, credo che si cerchi di prendere tempo: le parti dovranno incontrarsi perché secondo me, che conosco bene la vicenda, dovrebbero in qualche modo venirsi incontro e ci sono le condizioni per poter arrivare in qualche modo a un accordo” tra il Ministero dell’Economia e Unicredit.

Il presidente della regione Toscana Eugenio Giani si è detto contento per la fine della trattativa. “Per come si era sviluppata, penso che il Governo abbia assunto una posizione molto seria”, ha affermato Giani aggiungendo che “il tirare la corda da parte di Unicredit portava alla necessità di un esborso fra agevolazioni, ricapitalizzazione, e comunque aspetti critici che rimanevano sulle spalle dello Stato che andavano ad essere nettamente superiori a quello che poi invece può consentire l’andare avanti con il Monte così com’è, perché con il nuovo management che è stato nominato ormai da poco più di un anno i risultati vengono fuori, la banca ha trovato un suo equilibrio“.

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