Marcello Rossoni è un operatore umanitario. Durante la prima fase della pandemia si trovava per lavoro in Giordania dove, appena ha potuto, si è vaccinato: la prima dose il 15 aprile 2021, mentre la seconda il 5 maggio. Fino qui non ci sarebbero stati problemi, se non fosse che il vaccino inoculato era il Sinopharm, il vaccino cinese, che in Italia non permette di ottenere il certificato verde. ”In quel periodo nessuno parlava ancora di green pass – spiega Rossoni – così appena ho avuto la possibilità, ho scelto di vaccinarmi. Ho chiesto informazioni ad alcuni medici giordani e loro mi hanno rassicurato dicendo che era un buon vaccino e così mi sono convinto”.
”I problemi sono iniziati quando sono tornato in Italia” – continua. Infatti il Sinopharm, non essendo riconosciuto dall’Ema e dall’Aifa, rispettivamente l’Agenzia europea per i medicinali e l’Agenzia italiana del farmaco, non permette di ottenere il certificato verde.
”In questi mesi ho contattato il ministero della Salute senza ottenere risposta – aggiunge – poi ho scritto all’Asl di riferimento, che mi ha risposto dicendomi però che non possono rilasciarmi il certificato e che mi sconsigliano di sottopormi a un’altra vaccinazione, perché al momento non ci sono evidenze scientifiche su quali possano essere gli effetti”.
Insomma Rossoni si trova in un limbo e ora con l’entrata in vigore del super green pass, dalla metà di ottobre rischierà anche di non poter più recarsi in ufficio. ”Non faccio parte di una categoria che per scelta non si è vaccinata – conclude – nonostante questo però, per qualsiasi cosa io debba fare, ho bisogno di recarmi in farmacia per fare un tampone”.
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