“È tutto falso”. Danish Hasnain, lo zio di Saman Abbas, nega le accuse di “sequestro, lesioni e omicidio” ai danni della gioavne pakistana. “Forse qualcuno mi ha visto? Sono forse uscito di casa?” ha chiesto al giudice del Tribunale di Parigi, durante l’udienza per esaminare la richiesta di estradizione italiana. La seconda udienza è fissata per il 20 ottobre, ma nel frattempo la Chambre de l’Instruction, della Corte d’appello di Parigi, l’organo giudiziario chiamato a decidere sulle richieste di estradizione, ha chiesto un supplemento di informazioni sul caso alla giustizia italiana. Non si è trattato, come ha spiegato il tribunale parigino durante l’udienza, di un passaggio per entrare nel merito delle accuse che la procura di Reggio Emilia gli rivolge, ma di un’udienza per esaminare la richiesta di estradizione arrivata dall’Italia. Solo dopo la decisione le autorità italiane potranno interrogare Hasnain, per fare chiarezza sui tanti punti oscuri che ancora ci sono sulla vicenda di Saman: il suo corpo infatti – anche dopo mesi di ricerche nella cascina dove vivevano e lavoravano i suoi genitori (ora in Pakistan) – non è ancora stato ritrovato.

Lo zio di Saman – uno dei cinque parenti indagati per l’assassinio della 18enne – è stato fermato mercoledì scorso alla periferia di Parigi, con un mandato di arresto europeo. La polizia francese lo ha rintracciato in collaborazione con i carabinieri di Reggio Emilia. È stato lui, secondo la Procura, ad avere materialmente ucciso la giovane, che si era ribellata a un matrimonio forzato ed è scomparsa lo scorso 30 aprile a Novellara, in Emilia. L’uomo ha rifiutato la richiesta di estradizione che gli è stata notificata dopo la richiesta delle autorità italiane.

Hasnain è rimasto in silenzio per tutto il tempo in cui il giudice gli ha letto le accuse. Un’interprete gli ha tradotto le parole del magistrato e lui ha risposto, come sua facoltà: “prendo atto di tutto questo, ma è tutto falso. E’ il padre di Saman che ha detto che era stato lo zio, cioè io. Non capisco come si sia arrivati a questo mandato a livello dell’Interpol”. La presidente della Chambre de l’Instruction lo ha interrotto: “questo tribunale non giudica nel merito”, gli ha detto. Terminata l’udienza, Hasnain ha firmato il verbale ed è stato di nuovo ammanettato per essere trasportato nel carcere di Fresnes, a sud di Parigi, dove è detenuto dal giorno del suo arresto. “Per me adesso comincia il lavoro – ha dichiarato la sua legale Layla Saidi – Bisogna capire se questo mandato europeo è conforme o no al alle convenzioni internazionali. Ma anche al diritto europeo che unisce la Francia e l’Italia”. Non è certo, peraltro, se l’udienza del 20 ottobre sarà decisiva: “È possibile che Hasnain venga estradato direttamente? Non lo so, non posso dirlo. Noi sottoporremo i nostri argomenti”. In questi giorni gli inquirenti di Reggio Emilia, guidati dal maggiore Maurizio Pallante, stanno indagando a Parigi. Hanno scoperto che Danish Hasnain e Nomanulaq Nomanulaq, il cugino ancora latitante, erano in contatto. Attraverso l’analisi dei profili falsi usati dallo zio in questi cinque mesi di fuga, e sono riusciti a reperire informazioni utili sulla posizione anche dell’altro latitante: si troverebbe anche lui nella capitale francese.

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