Il delitto di Piersanti Mattarella resta uno dei buchi neri della Repubblica. In questi giorni è tornato agli onori della cronaca perché una perizia della procura di Palermo, secondo quanto riportato da Repubblica, metterebbe fine ad una ipotesi investigativa nata già dal lavoro di Giovanni Falcone: si tratta della possibile mano dei Nuclei armati rivoluzionari nel delitto dell’allora presidente della Regione Siciliana, fratello maggiore dell’attuale capo dello Stato. Una pista nera che nasce innanzitutto dalla testimonianza di Irma Mattarella: descrive l’assassino del marito – occhi di ghiaccio e andatura ballonzolante – in un modo che lo rende identico al capo dei Nar, Giuseppe Valerio Fioravanti. C’è poi dalla testimonianza del fratello di Fioravanti, Cristiano, il quale disse che era stato proprio Giusva l’assassino, sebbene abbia in un secondo momento ritrattato. Dall’accusa di aver ucciso Piersanti Mattarella, però, Giusva Fioravanti è stato assolto in via definitiva. Ora ci sarebbe l’ultima perizia della Scientifica disposta dalla procura di Palermo a smentire qualsiasi legame tra l’ambiente neofascista e gli esecutori del brutale assassinio. La storia è complicata e merita di essere ricostruita.

L’auto usata dagli assassini per commettere l’omicidio, una Fiat 127 abbandonata poco dopo, aveva una targa finta: era costruita con alcuni spezzoni di quella autentica misti ad numeri, rubati ad un’altra auto. Nel settembre del 1989 Loris d’Ambrosio, in forza all’Alto commissariato antimafia, riprese il lavoro investigativo di Falcone e sollecitò accurate analisi per confrontare le targhe usate a Palermo e quelle ritrovate nel covo dei Nar di via Monte Asolone a Torino nella perquisizione del 26 ottobre 1982. D’Ambrosio aveva appreso dal pentito nero Stefano Soderini che i gruppi neofascisti erano soliti usare targhe ricavate da originali rubati, smembrati e poi ricomposti. Proprio come quello usato il 6 gennaio 1981 a Palermo sul quale vennero riscontrati anche i residui della colla.

Il colpevole ritardo nello svolgimento delle analisi sollecitate da D’Ambrosio ha creato un cortocircuito investigativo ancora mai risolto. L’iniziale ipotesi era la seguente: la targa contraffatta della 127 era PA-546623 da cui ‘avanzavano’ le parti PA-53 e 0916 mai ritrovate e rimaste vaganti; lo spezzone ritrovato nel covo dei Nar era PA-563091: era possibile che quest’ultimo derivasse dalla composizione di quei pezzi ‘avanzati’, come se l’ultimo 6 della prima targa fosse stato camuffato per ricomporre la seconda, quella trovata nel covo Nar. Ora la nuova perizia ci dice che quest’ultima targa era intera. Il fatto che disorienta nasce dall’esistenza di un vecchio documento del 2 novembre 1989, un atto istruttorio della procura palermitana che stabilì già allora che quella targa era integra e non ricomposta, come riportano Peppino Lo Bianco e Sandra Rizza nel loro Ombre nere (Rizzoli).

Se non che la targa PA-563091 che ovviamente esisteva e apparteneva ad una Renault era stata immatricolata guarda caso proprio a Palermo nel marzo del 1980. Ma non basta. Secondo le ricerche dell’ex magistrato Giuliano Turone, dettagliatamente raccontate nel suo poderoso libro Italia occulta (Chiarelettere) quella Renault era stata poi ritargata, sempre a Palermo, esattamente il 28 aprile del 1982, perché la targa PA-563091 era stata denunciata come smarrita proprio in quella data. Teoricamente ci sarebbe una sia pur remota possibilità che quella targa smarrita fosse finita nel covo Nar.

In ogni caso Turone segnalò l’incredibile circostanza all’allora capo della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti il quale con un atto di impulso dell’agosto 2017 chiese accertamenti alla procura di Palermo sugli spezzoni di targa montati sulla 127 dell’omicidio, senza riferirsi ai reperti delle targhe di via Monte Asolone che tutti ritenevano ormai persi: si aprì a quel punto un nuovo fascicolo di indagine sull’omicidio Mattarella di cui si attende l’esito.

Fino ad arrivare alla perizia attuale che obiettivamente non pone una pietra tombale, almeno per quel che se ne sa fino ad ora, sul possibile ruolo dei Nar nell’omicidio Mattarella perché non spiega la fine degli ‘avanzi’ di targa. Per escludere il possibile ruolo dei Nar bisogna cercare altre vie. Forse per questo Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della Strage di Bologna, attribuita dalle sentenze giudizio ai Nar, impegnato in questi giorni nella ripresa delle udienze del processo, si dice perplesso e assolutamente curioso di leggere la perizia palermitana prima di tirare ogni altra conclusione.

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