Le coppie cinesi potranno avere tre figli. Il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo, il ramo legislativo del parlamento di Pechino, ha approvato gli emendamenti di modifica alla legge sulla Popolazione e la pianificazione familiare per dare una risposta al calo delle nascite dovuto anche alla politica del figlio unico, imposta per decenni. Il rischio da evitare è la contrazione del numero di abitanti, prevista dai demografi per i prossimi due anni.

Lo Stato, secondo le nuove disposizioni definite durante i cinque giorni di lavori del Comitato e rilanciate dall’agenzia Xinhua, “promuove il matrimonio e il parto all’età giusta, l’assistenza prenatale e postnatale”, mentre ogni “coppia può avere tre figli”. Il pacchetto include anche misure di sostegno per le famiglie di carattere finanziario, fiscale, assicurativo, educativo, abitativo, occupazionale e di altro tipo. Dovranno essere attuate con dal governo centrale e dalle amministrazioni locali.

Il terzo figlio non sarà perciò più un peso sulla richiesta di occupazione dei genitori e per la loro nascita non sarà più previsto il permesso di registrazione familiare, l’hukou. Si prevedono miglioramenti ai servizi pubblici relativi alla pianificazione familiare, in particolare per l’educazione dei bambini, l’assistenza agli anziani, la sorveglianza e le previsioni demografiche.
Il nuovo quadro normativo era stato messo a punto il 26 giugno dal Comitato centrale del Pcc e dal governo centrale al fine di “migliorare le politiche sulle nascite per promuovere uno sviluppo demografico equilibrato a lungo termine“. La politica dei tre figli era stata annunciata il 31 maggio. Poche settimane prima erano stati diffusi i dati del censimento decennale al 2020, resi pubblici con oltre un mese di ritardo: la popolazione era cresciuta al tasso più lento dagli anni ’50, a 1,411 miliardi, sufficienti per fare della Cina sempre il Paese più popoloso al mondo.

Nel 2016, invece, Pechino aveva ufficialmente abolito la ultradecennale politica del figlio unico a favore del nuovo limite portato a quota due, insufficiente però a favorire il rilancio delle nascite soprattutto per le oggettive difficoltà legate ai costi della vita sempre più alti. Addirittura improponibili nelle grandi città.
La Cina a fine 2020 ha avuto un tasso di fertilità di appena 1,3 bambini per donna, attestandosi agli stessi livelli di economie sviluppate come Giappone e l’Italia, molto al di sotto del 2,1 necessario secondo i demografi per mantenere la popolazione a livelli stabili. Con l’ultima mossa, la leadership comunista tenta di invertire la rotta.

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