Dopo 40 anni in viaggio tra Milano e la Riviera, condivido alcune umili osservazioni da ex-utente del sistema autostradale che collega la Liguria al resto del mondo. Da tempo, liguri e foresti pagano un prezzo salato a mezzo secolo di incapacità di governo del territorio. E oggi stanno versando la carissima, ultima, tombale rata: un blocco quasi totale della mobilità, senza che nessun governante, nazionale o locale, abbia mai preso sul serio i mugugni, i lamenti, le grida che nel passato avevano osato urlare alcune isolate Cassandre, sempre inascoltate, spesso derise.

Gli attuali, capillari adeguamenti autostradali non sono l’esito di un meteorite caduto improvvisamente dal cielo. La normativa europea sulla sicurezza (Direttiva 2004/54: Requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della Rete stradale trans-europea) fu pubblicata il 29 aprile 2004. Pensarci prima e programmare il lavoro non era proprio concepibile? La rete italiana, con quasi duecento gallerie fuorilegge, sconta l’ignavia, l’incompetenza, l’immobilità, l’inconsistenza di governo da parte di chi, in questi 40 anni, avrebbe dovuto agire. La rete ligure, solo nell’area metropolitana di Genova, ne conta ben 42. To say nothing about the bridges.

Lo sforzo che viene oggi espresso è consistente? Nel giudicare l’affollamento dei cantieri, i cultori dei social dedicati al sistema autostradale ligure pubblicano commenti che farebbero ipotizzare una risposta negativa. Non posso dare un giudizio personale, però, giacché ho scelto di viaggiare in Liguria soltanto sulle strade statali e provinciali. E qui l’ozio cantieristico è da sempre padre di tutti i vizi, piuttosto che figlio di tutte le virtù.

Una delle prime autostrade italiane, la “camionale” dei Giovi che valica l’Appennino tra Genova e Serravalle, fu completata in tre anni e otto mesi, dalla firma di Mussolini sull’ordine di costruzione, all’inaugurazione di Re Vittorio Emanuele III. Per forza si fece in fretta: 16 imprese specializzate per la parte stradale si suddivisero i 22 lotti, altre 12 si occuparono di impiantistica e illuminazione. In tutto, all’opera collaborano quasi trentamila addetti, per un totale di quattro milioni e mezzo di giornate lavorative. Un’opera del new deal italiano, keynesiano a sua insaputa, dopo il crollo dell’economia mondiale del 1929.

Il tronco ponentino dell’Autostrada dei Fiori tra Albisola e Ventimiglia è lungo circa 116 chilometri, costruiti a mezza costa con un susseguirsi di gallerie e viadotti. Fu realizzato in cinque anni e nove mesi e inaugurato nel 1971. L’Aurelia Bis tra Albisola e Savona – cinque chilometri circa di un cantiere consegnato il 15 febbraio 2012 – è tuttora in corso di costruzione, si fa per dire. Nella stessa plaga, a distanza di 50 anni, non solo il tempo si è fermato, ma è tornato indietro di due secoli, all’Italia contadina, pre-unitaria e pre-industriale.

I mezzi meccanici e le tecnologie sono migliorate in modo esponenziale. Senza un adeguato impiego di mano d’opera, però, i lavori sono destinati a durare indefinitamente. Ed è un alibi irricevibile la scusa dei “lacciuoli” posti dalle normative ambientali e di sicurezza, soprattutto per le straordinarie manutenzioni, i cantieri aperti, le opere in corso.

Basta ascoltare Isoradio per realizzare il collasso del sistema ligure. Bisogna perciò pensare al futuro senza i paraocchi che, negli anni 90, vanificarono ogni proposta. Nel transitorio, comunque, qualcosa va fatto. Almeno tre cose: restrizioni al traffico pesante, controllo di polizia, integrazione logistica.

Restrizioni. La Liguria vive dei porti e sui porti, alimentati dal traffico pesante, ma è anche terra di attraversamento, come Svizzera e Austria. Che cosa fanno gli austriaci, membri Ue, e gli svizzeri, che non lo sono? Applicano drastiche riduzioni al traffico di transito. Per esempio, possono attraversare l’Austria solo 300 camion all’ora nei dì feriali; e, di notte, viaggiano solo gli Euro 6 con merci deperibili. Senza fare paragoni disonesti tra la portata delle Autobahnen e Schnellstraßen austriache e quella delle autostrade liguri, mi chiedo se non si possano adottare politiche analoghe, privilegiando i mezzi destinati ai porti liguri? La tecnologia per il controllo è tutta disponibile. E a buon mercato.

Controllo. L’A7 è una pista da toboga dove si cimentavano improvvisati piloti, anche con targa straniera, nel pieno disprezzo di limiti di velocità e distanze di sicurezza. Su A26 e A10 il rispetto del codice e dei divieti non è la norma. Tutor e telecamere registrano tutto, senza distinzioni di targa. Per agire, basta volerlo. L’impunità è il carburante che alimenta l’indisciplina e gli incidenti, che provocano il collasso sempre più frequente, quotidiano del sistema già al collasso.

Integrazione. Va stimolato l’uso dei traghetti e il trasporto di mezzi pesanti su treni merci, come accade in Svizzera con lo schema tedesco della RoLa, la Rollende Landstrasse o autostrada ferroviaria. A differenza del trasporto intermodale, le autostrade del mare e quelle ferroviarie garantiscono maggiore velocità, diminuendo i tempi del trasporto dai camion ai treni/navi e viceversa. In Liguria, l’inquinamento dell’aria non viene preso in seria considerazione per via del regime dei venti che, per fortuna, aiutano a disperdere gli inquinanti. Le autostrade, però, rasentano ovunque gli abitati e questa disattenzione potrebbe costare cara, a medio e lungo termine.

Come scriveva Charles Bukowski, “l’autostrada ti ricorda sempre un po’ com’è la gente. È una società competitiva. Vogliono che tu perda così possono vincere loro. Una faccenda innata che in autostrada viene fuori. Quelli che vanno piano vogliono bloccarti, quelli che vanno forte vogliono superarti”. La crisi ligure, che potrebbe diventare domani un archetipo per le strade di tutto il paese, dovrebbe finalmente far crescere la gente.

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