Staccare i telefoni. Sì, pure se è domenica: sia mai che a un megadirettore galattico venga in mente di guardare la corazzata Potemkin (Kotiomkin per l’occasione) con i dipendenti (e successivo dibattito). Meglio la familiare di birra italiana gelata ed effetti sonori connessi, ma evitate il vestaglione di flanella visto il clima e pure la frittatona di cipolle con 40 gradi non è proprio indicatissima. Birra, frittatona di cipolle e rutto libero: ci fosse un disciplinare dell’Italia-Inghilterra calcistico, non potrebbe che basarsi rigorosamente su questi elementi.

Perché Italia-Inghilterra nell’iconografia italica è tutta nel Secondo tragico Fantozzi: a tutti, nessuno escluso, al fischio finale della semifinale contro la Danimarca, è venuta in mente la scena cult del film del 1973. “Scusi, chi ha fatto palo?”. La frase è del povero ragionier Ugo, costretto a raggiungere in auto la sede della proiezione di un film cecoslovacco (un disguido ne impedirà la visione… ma in sostituzione ci sarà la corazzata Kotiomkin) e desideroso di conoscere il finale di un’azione piuttosto convulsa (nuca di McKinley, tibia di Savoldi, naso di Antognoni, nuca del portiere inglese, naso di McKinley, tibia di Benetti, nuca, naso…) al punto da abbandonare l’auto in strada, rompere il vetro di una finestra e chiedere, appunto, “chi ha fatto palo”. L’epilogo è un pugno del proprietario della finestra rotta che abbatte il ragioniere, mentre simultaneamente un calciatore italiano viene abbattuto da McKinley, come raccontato dal telecronista. Una scena entrata nel mito.

Un mito che non può non essere rispolverato ora che Italia e Inghilterra si giocano l’Europeo, in un anno dispari, dunque anomalo, ma che segna i 50 anni dall’invenzione di Fantozzi per mano di Paolo Villaggio e i 45 anni dall’uscita del film in questione. Un simbolo talmente forte da essere utilizzato oggi anche da quei ragazzi ventenni – che vedono gli Anni 70 come un’epoca lontanissima – pronosticare il 20-0 per l’Italia, con rigoroso gol di Zoff da calcio d’angolo. I meme girano già, con la stessa frequenza dii quelli sul “tiraggiro” di Insigne. Simbolo più noto, perché più pop, quell’Italia-Inghilterra negata dal megadirettore radical chic e dunque diventata mitologica tra tibie, nasi, pali e risultati roboanti.

Ma non unico. Perché in quegli anni le gara contro gli inglesi erano le più sentite in Italia, quasi al pari di quelle con la Germania: c’è un Inghilterra-Italia nel film Pane e Cioccolato, un Inghilterra-Italia vera, probabilmente la madre di tutte le sfide tra le due Nazionali, seppur solo un’amichevole, quella del 1973 a Wembley, vinta dall’Italia per 0-2, col secondo gol di Fabio Capello che porta Nino Manfredi, migrante italiano in Svizzera coi capelli tinti di biondo per fingersi indigeno, a gettare la maschera, esultando in un bar dove si tifa rigorosamente contro l’Italia, e urlare: “So’ italiano, embè?”.

C’è un’ Italia-Inghilterra anche in In nome del popolo italiano di Dino Risi, con Ugo Tognazzi, magistrato che durante la festa con atti di teppismo dei tifosi azzurri dopo la vittoria distrugge la prova decisiva a carico di un imputato per omicidio, cialtrone, ma innocente. E poi c’è la rivalità tra l’Italia campione del mondo e fascista e l’Inghilterra che la snobba rifiutando di partecipare a competizioni internazionali: una storia che caratterizzerà tutti gli Anni 30, facendo da sfondo al “Miracolo di Belo Horizonte” del 1950, quando gli inglesi accetteranno di partecipare a un mondiale, vestendo sempre i panni degli inventori del pallone e dunque più forti di tutti, finendo però sconfitti dai dilettanti degli Stati Uniti (l’arbitro? Un italiano, Generoso Dattilo).

E ci sono i gol di Gianfranco Zola, quello incredibile di Rino Gattuso da fuori area nel sette, non proprio un pezzo forte del repertorio dell’ex mister del Napoli, c’è Massimo Maccarone detto “Big Mac” preso in prestito da Giovanni Trapattoni dall’Under 21 che si conquista un rigore. Ma al netto di tutto, Italia-Inghilterra è tutta nella frenata della Autobianchi Bianchina, nei vetri rotti e in quella domanda con cadenza genovese: “Scusi, chi ha fatto palo?”.

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