La variante Delta che ha invaso la Gran Bretagna è il grande spettro che si aggira per l’Europa mentre è ancora in corso l’Europeo di calcio itinerante. Non si contano più le voci di esperti, virologi e istituzioni che chiedono maggiori controlli e restrizioni sia sugli spostamenti che sugli accessi alle strutture. La partita che la nazionale del Regno dovrà giocare a Roma e le fasi finali del torneo in programma in uno Wembley quasi al completo sono gli appuntamenti ad alto rischio. L’ambasciatore italiano a Londra ha invitato i tifosi inglesi a non raggiungere l’Italia, anche se in possesso di uno dei 4mila biglietti messi a disposizione per la partita di sabato sera, visto che secondo l’ordinanza firmata dal ministro Roberto Speranza dovrebbero rimanere cinque giorni in quarantena, mentre il vicepresidente della Commissione Ue, Margaritis Schinas, ha chiesto all’Uefa di “valutare attentamente” la possibilità di giocare le ultime tre gare, le più importanti, nello storico impianto londinese. I biglietti emessi dalle ore 24 di lunedì scorso in Inghilterra sono stati annullati. Ma proprio dall’Unione europea arriva un’ulteriore arma in mano ai 27 Stati membri, Italia in primis, per arginare l’afflusso di tifosi inglesi: “Si tratta dell’articolo 28 del regolamento dell’Ue che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. Questo permette, in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o per la sicurezza interna di uno Stato membro, di ripristinare i controlli alle frontiere“, spiega a Ilfattoquotidiano.it Francesco Cherubini, docente di Diritto dell’Unione europea all’università Luiss di Roma.

L’iniziativa deve essere presa da uno Stato membro, in questo caso l’Italia, che parte avvantaggiata dal fatto che stiamo parlando di un Paese, la Gran Bretagna, che non è membro dell’Unione europea e che con l’Ue condivide un solo confine terrestre, quello con l’Irlanda che, però, non fa parte a sua volta dei Paesi dell’area Schengen dove vige la libera circolazione. Questo fa sì che, in caso di ordinanza governativa motivata da cause di salute pubblica, possa essere vietato l’ingresso ai cittadini britannici in Italia. Un divieto applicabile allo stesso modo a coloro che provengono, ad esempio, dalla Russia, altro Paese dove si registra un nuovo picco di contagi, con quotidiani record di vittime. Nel momento in cui si scrive, però, per i cittadini britannici è prevista solamente una quarantena obbligatoria di cinque giorni all’arrivo in Italia, difficile da far rispettare nel caso di tifosi inglesi diretti nel Paese per assistere al match contro l’Ucraina, visto che questo si terrà tra 48 ore.

Ciò che le autorità italiane temono è anche che i supporter inglesi sfruttino i Paesi dell’area Schengen con minori restrizioni in fatto di arrivi dal Regno Unito per mettere piede in territorio Ue attraverso una triangolazione e arrivare con qualsiasi mezzo in Italia: “È in casi come questo che l’attivazione dell’articolo 28 può fare la differenza”, spiega Cherubini. Nel testo del regolamento si legge infatti che “quando una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro richiede un’azione immediata, lo Stato membro interessato può, in via eccezionale, ripristinare immediatamente il controllo alle frontiere interne per un periodo limitato di una durata massima di dieci giorni. Lo Stato membro interessato ne informa contestualmente gli altri Stati membri e la Commissione”.

“In caso di ricorso all’articolo 28 – continua Cherubini – il Paese, in questo caso l’Italia, non attuerebbe una chiusura totale delle frontiere, né imporrebbe un divieto di entrata, ma ristabilirebbe i controlli ai punti di confine terrestri, marittimi e aerei a tutti coloro che provengono dall’estero, indipendentemente dal fatto che si tratti di un Paese dell’Ue, dell’area Schengen o di un Paese terzo. A quel punto, nel caso in cui i controlli fossero svolti con capillarità, sarebbe impossibile per un cittadino britannico avere accesso al territorio italiano, salvo i casi in cui questo non goda anche di una cittadinanza Ue. Ma il danno, in quel caso, sarebbe molto limitato”. Una procedura molto veloce da attivare e che permetterebbe all’Italia di rafforzare i controlli alla frontiera senza particolari lungaggini burocratiche o il bisogno di dare un’immediata giustificazione alla decisione presa.

Questa possibilità è stata pensata, in origine, per permettere ai Paesi Ue di alzare il livello di sicurezza in occasione di eventi di portata mondiale, come i summit internazionali, ma ha già trovato applicazione in Europa anche in occasione di eventi sportivi, spiega Cherubini, in vista di finali di coppe europee o di incontri tra club storicamente rivali: “Questo meccanismo – aggiunge – ha permesso ad esempio di intercettare tentativi di infiltrazione di gruppi estremisti o di bloccare l’entrata nel Paese a soggetti colpiti da Daspo“.

Ma pensare a un provvedimento di respiro europeo con tutti gli Stati membri che dovrebbero ripristinare i controlli alle frontiere per limitare la circolazione di persone provenienti dalla Gran Bretagna, con la stagione turistica già iniziata, è molto difficile. “Non è un’ipotesi assurda – conclude Cherubini – ma altamente improbabile e complicata, sia da un punto di vista di diritto che di applicazione. Per certi tipi di controlli c’è già il green pass. E comunque, anche politicamente, sarebbe difficile per l’Unione giustificare chiusure che, in alcuni casi, risulterebbero effettivamente insensate”.

Twitter: @GianniRosini

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