Le armi tacciono, il cessate-il-fuoco dopo gli 11 giorni della quarta guerra tra Israele e Hamas regge, i negoziati tra le parti vanno avanti ma l’esercito israeliano porta avanti le sue azioni repressive, nel silenzio della comunità internazionale.

All’alba del 9 giugno, i soldati hanno fatto irruzione nella sede di Ramallah dei Comitati per il lavoro sulla salute (Hwc). Hanno sfondato la porta d’ingresso e sequestrato computer e archivi elettronici. Dopo poche ore, un tribunale militare ha ordinato la chiusura della struttura per sei mesi.

Le autorità israeliane ritengono che l’organismo sia una copertura del Fronte popolare di liberazione della Palestina, un partito politico che – come nella tradizione palestinese – ha un suo braccio armato. La narrativa filo-governativa continua a denunciare che “fondi delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale della sanità vengono destinati a Ong che sostengono il terrorismo”.

Era già successo. L’ufficio di Gerusalemme era stato chiuso nel 2015 e nell’ottobre 2019 e anche tre mesi fa erano stati arrestati tre impiegati della sede di Ramallah. Ma adesso, nel periodo pandemico e durante la campagna vaccinale, questo nuovo episodio è particolarmente grave.

Negli ultimi anni, l’Hwc è diventata la principale organizzazione sanitaria palestinese, gestendo numerosi ospedali, organizzando corsi di formazione per i giovani e fornendo cure mediche alle comunità più povere e alle donne. Soprattutto, negli ultimi 15 mesi l’Hwc ha diretto le politiche di contrasto alla diffusione della pandemia da Covid-19, emanando direttive, garantendo trattamenti essenziali a pazienti positivi e organizzando ambulatori mobili per raggiungere i villaggi più lontani.

Tutto questo ora rischia di fermarsi. O forse si è già fermato.

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