Tunde Blessing venne uccisa lo scorso 3 maggio e il suo cadavere lasciato non lontano dalla strada dove si prostituiva. Questa mattina, i carabinieri del comando provinciale di Milano hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del suo ex fidanzato, un 34enne di origine ghanese. Il corpo della ragazza, 25enne di origini nigeriane, era stato trovato il 12 maggio nella periferia di Rho, nell’hinterland milanese. La sua identificazione è stata possibile grazie alla tessera sanitaria che sbucava dalla sua borsa abbandonata accanto al cadavere e quando gli investigatori hanno inserito il nome nel database hanno scoperto che risultava una denuncia di scomparsa del 7 maggio.

Stando alle informazioni rilasciate dalle forze dell’ordine, l’uomo aveva raggiunto Tunde Blessing nella zona dove si prostituiva, strangolandola con un elastico. Dopo aver sottratto alla ragazza il denaro contante che aveva con sé, aveva preso i due cellulari che erano nella borsa di lei, portandoli lui stesso a Novara, nell’appartamento della ragazza, presumibilmente per provare a depistare le indagini. La misura cautelare è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, su richiesta della procura. L’uomo è ritenuto responsabile di omicidio volontario e furto.

Le ricostruzioni – Il ghanese, identificato fin da subito dai carabinieri come un possibile sospettato, aveva ammesso la sua estrema gelosia già dai primi interrogatori. “Sono una persona gelosa! – riporta Repubblica.it che cita alcuni passaggi del suo interrogatorio io non voglio che la mia ragazza, ad esempio, abbia il numero di telefono di altri uomini”. Nella stessa circostanza, pare anche che l’uomo avesse millantato il fatto che la ragazza fosse incinta di un bambino concepito quattro mesi prima proprio con lui.

“Mi ha detto che suo papà non voleva che sposasse un ghanese – ha continuato l’uomo – e quindi mi ha mandato via da casa”. In merito alla sua gelosia, poi, ha detto “Se Tunde aveva bisogno dì qualcosa doveva chiedere solo a me”. Tanto che il gip scrive: “La visione che ha l’indagato delle relazioni sentimentali è caratterizzata da un ossessivo controllo dell’altro, da insofferenza e mancata accettazione di qualsivoglia forma di autodeterminazione delle persone a sé legate sentimentalmente”. Inizialmente, l’uomo ha affermato di non sapere che la ex fidanzata fosse morta, al contrario di quanto aveva confidato agli amici, come raccontano le intercettazioni. Nella speranza di crearsi un alibi, l’uomo ha detto poi di non essere a Rho il 3 maggio, il giorno in cui la ragazza è stata uccisa. A inchiodarlo è stato però il sistema di videosorveglianza di un’azienda poco distante dalla zona, che lo riprende lì all’ora di pranzo, accanto alla ragazza per mezz’ora.

Poi i due spariscono, assieme ai cellulari della vittima che verranno ritrovati nell’appartamento di lei. A riconoscere l’uomo sono stati i coinquilini della donna, che più volte l’avevano visto in casa e avevano assistito alle liti della coppia prima della rottura. “Se dovessi morire per le botte che prendo da lui, avrete il mio sangue sulla coscienza“, aveva risposto a un’amica che suggeriva di ricomporre.

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