Quando avevo 21 anni, mi capitò per la prima volta. Sentii un rumore metallico attraversarmi i timpani e il cervello, mi separai dal corpo inerme sul letto e lo vidi sotto di me; Sally, il mio cane, mi guardò con il musetto in aria come se potesse davvero vedermi. Poi fui portata via come da un vortice, oltre il soffitto, con lei che abbaiava come a urlare: “Dove te vai!” Anch’io volevo urlare, ma la voce restava ferma in gola. Poi mi svegliai, pensai subito che non era stato un semplice “brutto sogno”, mi alzai a fumare una sigaretta in cucina e non tornai più a dormire.

Non sapevo cosa mi fosse accaduto, ma ne rimasi scioccata. Passò un po’ di tempo e mi capitò altre volte, sempre lo stesso rumore, o suono, così particolare che spiegarlo diventa davvero difficile, come se fosse un elemento di passaggio ad un’altra dimensione, come un trapasso. Mi accadeva nella fase di addormentamento o in quella del risveglio, anche tre o quattro volte di seguito. Gli stati allucinatori erano diversi di volta in volta, spesso sentivo una presenza nel mio letto, con mani che mi toccavano ovunque, che afferravano i miei capelli e li tiravano, una presenza di cui non vedevo mai il volto ma che stava sopra di me e io urlavo, urlavo, ma non potevo muovermi e la mia voce non usciva.

Altre volte entrava nella mia stanza qualcuno di conosciuto e mi accorgevo che non era reale solo quando queste persone si trasformavano e mi aggredivano. Quella più spaventosa fu la volta in cui mia madre aprì la bocca come avesse grosse fauci animali e mi azzannò le mani per poi attaccarmi al centro del petto. Percepii il dolore fisico come fosse vero. Un dolore atroce, sentii la carne lacerarsi, sentii i denti affondare. Quando finì tutto, rimasi per oltre mezz’ora seduta sul letto in stato di shock. Poi le esperienze extracorporee, in cui “banalmente” (eh eh) mi separavo dal corpo immobile e venivo sbattuta di qua e di là da una forza a me esterna. Mi trascinava letteralmente via, mi schiantava contro le pareti della stanza e io mi attaccavo al braghettone della porta nel tentativo di resistergli.

Non me parlai per anni con nessuno fino a quando entrai in Comunità a San Benedetto al Porto, per i miei problemi di tossicodipendenza. Abitavo con altre 15 persone, avevo delle compagne di stanza e mi capitava ogni notte. Non mi fu più possibile nasconderlo e stava diventando un vero incubo. Lo psichiatra del Sert che ci seguiva, scherzando mi disse: “C’è gente che pagherebbe per avere le esperienze extracorporee che hai tu”. Poi mi spiegò di cosa si trattava. Capire cosa fossero quelle paralisi e i vari stadi del “disturbo” mi fu di aiuto.

Soffrivo della sua forma più acuta e l’idea di potergli dare un nome, il fatto di sapere che la scienza aveva dato una spiegazione per quella esperienza mi fu di supporto. La paralisi nel sonno, o paralisi ipnagogica, è un disturbo che appartiene alla categoria delle “parasonnie”, un “malfunzionamento” che si può verificare mentre dormiamo, nella fase cosiddetta fase REM. Mi ha spiegato che il terrore, elemento centrale di questa esperienza, è probabilmente causato da una iper-attivazione dell’amigdala, la parte del cervello responsabile dei meccanismi di ansia e paura.

Eppure è raro che le persone ne parlino, si ha paura del giudizio degli altri, si ha paura di essere percepiti come dei folli. Negli anni, documentandomi, ho scoperto che per di più non è affatto fenomeno raro e che fino al 40% delle persone lo sperimenta almeno una volta nella vita senza sapere di cosa si tratti. Vero è che solo una minoranza di soggetti la vive più spesso, o, come me, ripetutamente per anni. Per questo ne scrivo. Perché se ne parla troppo poco, perché di fatto non sembra esserci una cura ma solo una conoscenza del disturbo, perché il disagio o l’angoscia con cui le ho vissute io non siano causati dall’ignoranza, ma si trasmetta alla persone l’idea che ciò che gli accade è qualcosa su cui la neuroscienza si è concentrata per analizzarlo e che addirittura ci può essere un aspetto positivo di queste paralisi e degli stati allucinatori annessi e connessi.

Pare, infatti, esistano alcune tecniche per evitare il panico caratterizzante di queste esperienze, “sfruttando” la paralisi del sonno come via d’accesso a un’altra singolare esperienza, quella dei cosiddetti “sogni lucidi”. A me è accaduto, se pur due sole volte. Sono riuscita a non farmi prendere dal terrore e ho portato il mio corpo dove volevo io. Una notte ho aperto la finestra e ho volato nel cielo stellato. Visto? Lo state pensando, vero? Che sono pazza! Tranquilli, non importa.

Sono convinta che in tanti invece si ritroveranno in ciò che ho scritto e spero di averli fatti sentire un po’ meno soli. Così come spero che qualche medico specialista di questo disturbo possa accogliere il mio appello: parlatene di più attraverso i media. Spiegate cosa accade, date consigli utili alle persone che ne soffrono. Perché l’ignoranza sull’argomento alimenta quei mostri che continuano a schiacciare il petto di molti. Dal canto mio posso dire loro che dopo vent’anni da quella prima volata oltre il soffitto, ogni tanto mi capita ancora ma ho imparato a governare il panico che istintivamente assale. Pur sapendo che è difficile, non avere paura. Se mantieni la calma vinci tu.

Articolo Successivo

Cosa ci ha insegnato il coronavirus sull’ambiente e le diseguaglianze sociali

next