“Io troppo pessimista dopo l’annuncio delle riaperture del 26 aprile? Sicuramente lo sono stato, però non mi pento di aver detto che abbiamo corso un rischio inutile. Se lei chiede a un medico di scegliere tra una procedura sicura e un’altra con un rischio, penso che voglia sentirsi dire di applicare quella sicura. Dopo 125mila morti, ogni vita conta. A maggior ragione, visto che la luce alla fine del tunnel è alla portata di tutti, non vedo proprio il motivo di correre rischi inutili”. Così, a “Piazzapulita” (La7), Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia e Virologia dell’azienda ospedaliera di Padova, risponde a una domanda di Corrado Formigli, aggiungendo: “La strada era stata ben tracciata dall’Inghilterra e chiaramente nessuno sapeva quello che sarebbe potuto succedere”.

Il virologo poi spiega: “La probabilità di infezione per una persona che ha ricevuto due dosi di vaccino è estremamente bassa, così come è estremamente bassa che quella persona sia contagiosa. Ma è una probabilità che esiste. Inizieremo a toglierci la mascherina all’aperto quando il 60-70% di persone sarà vaccinata e la probabilità di infettare e infettarsi sarà molto bassa. E’ importante vaccinare anche i minori, altrimenti non si arriva all’immunità di gregge”.

Crisanti, infine, stigmatizza la disomogeneità delle vaccinazioni a livello ragionale, commentando il dato secondo cui, da gennaio, le morti che avremmo evitato vaccinando prima tutti gli anziani e il personale sanitario sono pari a 7700: “Le soluzioni devono essere omogenee su scala nazionale. Non è possibile che ogni presidente di Regione faccia come gli pare. La risposta deve essere unica e questo dato – conclude – dimostra come l’approccio Regione per Regione ha portato diversi danni. Se le Regioni continuano a usare sistemi informatici diversi, quando dovremmo fare il richiamo dei vaccini anti-covid, questa panoplia di sistemi creerà una grande confusione e sarà difficile programmare le vaccinazioni e i richiami in tempo”.

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