Il segretario generale @antonioguterres esprime la sua profonda preoccupazione per le continue violenze nella Gerusalemme est occupata. Esorta Israele a cessare le demolizioni e gli sfratti, in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani.

Così le Nazioni Unite in un tweet pubblicato ieri 10 maggio, sulla preoccupante escalation di tensioni e scontri tra israeliani e palestinesi degli ultimi giorni. Posizioni simili sono state prese pubblicamente sia da vari componenti permanenti e non del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Purtroppo però, nonostante gli appelli, la situazione è degenerata e negli scontri della mattinata di ieri a Gerusalemme si sono contati più di 300 palestinesi feriti (di cui 7 gravi) e una ventina di poliziotti israeliani colpiti. Scontri che nella serata a Gaza hanno causato 27 morti, tra cui 9 bambini e 130 feriti, come risposta israeliana al lancio di razzi partiti dalla Striscia che ha causato 7 feriti. Un bilancio drammatico di fronte ad una situazione che rischia adesso di sfuggire di mano, a causa delle inaccettabili azioni di rappresaglia che si stanno consumando da entrambe le parti. Azioni di cui le prime vittime restano civili innocenti.

Un clima di crescente violenza a cui si è assistito dopo la reazione dei coloni israeliani e della polizia, a seguito delle manifestazioni di protesta allo sfratto delle famiglie palestinesi del quartiere Sheikh Jarrah. Manifestazioni che hanno portato – durante il mese di Ramadan – alla restrizione dei movimenti per i palestinesi, a cui è stato impedito di accedere alla città vecchia di Gerusalemme attraverso la Porta di Damasco, per raggiungere il Monte del Tempio per pregare.

L’apice dopo un anno di crescenti tensioni

La giornata di lunedì e quello che è successo in questi ultimi giorni sono il culmine di una tensione che non fa che crescere da un anno a questa parte. Tensione che appare come frutto di una strategia tra provocazioni, aggressioni da parte dei coloni, sfratti e demolizioni da parte del governo israeliano.

Intere famiglie palestinesi che hanno vissuto a Gerusalemme per generazioni sono state minacciate di sfratto, grazie alla politica statale che avalla la discriminazione sistematica contro i palestinesi, in palese violazione del diritto internazionale.

Secondo l’Ocha nel 2020, almeno 218 famiglie palestinesi a Gerusalemme est, comprese le famiglie a Sheikh Jarrah, hanno subito procedimenti di sfratto avviati dalle organizzazioni dei coloni. Sono a rischio di sfollamento 970 persone, tra cui 424 bambini.

Nonostante la pandemia, aumentate demolizioni e sfollamenti in Cisgiordania

Una politica che non si è attenuata nemmeno di fronte all’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19: in Cisgiordania le demolizioni delle strutture palestinesi sono proseguite senza sosta, per supportare gli insediamenti e gli investimenti dei coloni, la costituzione di zone militari chiuse, riserve naturali, aree archeologiche israeliane. Di fatto una progressiva politica di annessione dei territori occupati.

Le demolizioni avvenute dal 1° gennaio al 1° aprile 2021 hanno raggiunto una dimensione record: 321 strutture distrutte, contro le 139 del 2020 e le 146 del 2019. Un terzo delle strutture demolite quest’anno erano state finanziate grazie agli aiuti internazionali (un numero triplicato rispetto al 2020), con il totale di sfollati che è quasi raddoppiato passando da 259 nel 2019 a 468 nel 2021.

Tra la comunità più colpite c’è quella beduina di Humsa – Al Bqai’a: nelle prime settimane di febbraio le autorità israeliane hanno demolito 62 strutture in tre diverse azioni. L’ultima, quella del 22 febbraio da parte dell’esercito, è avvenuta davanti agli occhi di diplomatici di Spagna, Bulgaria, Belgio, Canada e Svezia; e ha colpito 60 persone, compresi 35 bambini. Il tutto dopo la più grande azione di sfollamento forzato registrata negli ultimi anni, che il 3 novembre 2020 aveva colpito la stessa comunità, allontanando 73 persone, tra cui 41 bambini. Molte delle strutture demolite o sequestrate a febbraio sono state finanziate da donatori internazionali ed erano state fornite per compensare precedenti demolizioni o confische di massa.

L’appello di Oxfam all’Italia e alla comunità internazionale

Serve un’azione concreta del governo italiano – in particolare del ministro degli Esteri Luigi Di Maio e della viceministra Marina Sereni – assieme a tutta la comunità internazionale, per indurre il governo israeliano a porre fine alle brutalità dei coloni e della polizia, cessando lo sfollamento forzato delle famiglie a Sheikh Jarrah.

A livello più generale è urgente che Stati terzi, donatori e organizzazioni internazionali favoriscano il rispetto della Quarta Convenzione di Ginevra, prendendo tutte le misure necessarie affinché Israele rispetti i propri obblighi internazionali quale potenza occupante.

Infine gli Stati membri dell’Ue, tra cui l’Italia, dovrebbero agire per porre fine alla costruzione degli insediamenti illegali da parte di Israele, come previsto dalla Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proseguendo nelle azioni di richiesta di risarcimento per le strutture demolite.

E’ importante muoversi subito, prima di cadere dentro un buco nero che sta a un passo da noi.

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