Patrick Zaki? Grazie al lavoro dell’Intelligence abbiamo portato a casa tutti i cittadini italiani rapiti o in stato detentivo ingiusto. Zaki, purtroppo, per il nostro metodo di lavoro, è un cittadino egiziano. Tutte le iniziative sono meritorie, ma più aumenta la portata mediatica del caso e più l’Egitto reagisce irrigidendosi. Non ci illudiamo che dall’altra parte otteniamo un risultato facendo così”, Sono le parole del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ospite de “L’aria che tira” (La7), a proposito della situazione di Patrick Zaki, il ricercatore egiziano detenuto dal 7 febbraio del 2020 al Cairo con accuse legate alla sua attività politica e giornalistica.

E aggiunge: “Per tutti quelli che abbiamo portato a casa in questi tre anni e negli ultimi due in cui sono ministro degli Esteri, voi avete avuto la notizia quando hanno messo piede in Italia. Abbiamo sempre lavorato in silenzio prima. È legittimo portare avanti le campagne di solidarietà e tutte le battaglie per Zaki. Questo è un Paese libero. Ma, ripeto, non ci illudiamo che dall’altra parte otteniamo un risultato facendo così, nonostante io consideri meritorie tutte le iniziative. Vorrei solo dire che quei Paesi reagiscono irrigidendosi e chiudendo i canali di collaborazione”.

Parole quelle del ministro che non sono piaciute ad Amnesty International: “Se non fosse stato per la mobilitazione della società civile e per il sostegno dei mezzi d’informazione in questi 15 mesi – dice Riccardo Noury portavoce Amnesty International in Italia – la drammatica situazione di Patrick Zaki avrebbe rischiato di finire dimenticata. Il silenzio è proprio ciò che aiuta governi repressivi a continuare a commettere violazioni dei diritti umani. Qui non stiamo parlando di un sequestro compiuto da un gruppo armato con cui negoziare in silenzio, ma di un prigioniero di coscienza in carcere da 15 mesi e privato di ogni suo diritto dalle autorità di uno stato amico dell’Italia col quale sarebbe necessario alzare la voce e non abbassarla”

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