“Regno d’Italia, XXVIII Legislatura, scheda elettorale per le ‘politiche’ del 20 aprile 1929. C’era poco da scegliere…”. Così il vicedirettore del Tg1, Angelo Polimeno Bottai, ha deciso di festeggiare sul suo profilo Facebook il 25 aprile, festa della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. In allegato al post, Bottai ha pubblicato una foto in cui si vede la “scheda elettorale” utilizzata nel Ventennio per la nomina dei membri della Camera dei Deputati, la cui lista era designata interamente dal Gran Consiglio del Fascismo e sottoposta (solo formalmente) a ratifica plebiscitaria. Subito sul suo profilo si è innescata una discussione, in cui il giornalista si è spinto a fare distinzioni tra i vari totalitarismi: “Le dittature comuniste e naziste sono simili. Quella fascista, certamente brutta, per fortuna non è arrivata a quel livello di crimini“, si legge in un suo commento. Nessuna parola, ad esempio, sull’asse con Hilter, i rastrellamenti e le deportazioni.

“I comunisti hanno sterminato intere etnie. Gli ebrei li hanno sterminati i nazisti. I fascisti hanno varato leggi orribili ma senza, per fortuna, arrivare agli stermini“, ha aggiunto. E a chi gli contesta di “riscrivere la storia”, il giornalista ha risposto così: “Il fascismo è caduto il 25 luglio per iniziativa di persone che hanno messo l’interesse del paese prima del loro personale, alcune pagando con la vita. Poi i nazisti hanno liberato Mussolini, che, divenuto loro ostaggio, ha fondato ha fondato la Rsi. Questi sono i fatti che non ridimensionano le grandi responsabilità del Ventennio, ma nulla a che vedere con le stragi di milioni di persone perpetuate da nazisti e comunisti. E molti, moltissimi fascisti, sono poi diventati comunisti”. Subito dopo la pubblicazione del post, Facebook ha deciso di sospenderlo per qualche ora, contestando il mancato rispetto degli “Standard della community“. Una volta tornato online, Bottai ha commentato così: “Bloccato da Facebook per aver pubblicato una foto che dimostra che nel Ventennio non c’era vera libertà di voto… Che strana e bizzarra censura…”. Il vicedirettore del Tg1, come ha raccontato il Fatto Quotidiano nel 2019 in un articolo a firma Gianluca Roselli, è nipote di Giuseppe Bottai, ex gerarca fascista che durante il Ventennio fu ministro delle Corporazioni e dell’Educazione nazionale, nonché governatore di Addis Abeba, salvo poi mettere in minoranza Mussolini il 25 luglio 1943. Da ministro sostenne le leggi razziali e si occupò della loro applicazione nelle scuole italiane.

Le frasi del giornalista in queste ore stanno diventando un caso politico, tanto da spingere l’amministratore delegato della Rai, Fabrizio Salini, a prenderne le distanze. A suo parere sono stati espressi “commenti e osservazioni su un periodo storico su cui non è consentito alcun equivoco. La Rai esprime condanna, indignazione e distanza per interpretazioni storiche completamente estranee allo spirito del Servizio Pubblico”, si legge in una nota. Salini ha quindi chiesto di avviare un’istruttoria urgente sulla vicenda. Dal canto suo Bottai invece si difende, dichiarando di aver “postato sui social una scheda elettorale del Ventennio per dimostrare che era una dittatura, che si poteva votare solo SI e dunque che il voto era una farsa. Pertanto le interpretazioni (forse ispirate strumentalmente da qualcuno) di tale iniziativa fatte da alcuni organi di informazione on line, che poi si sono corretti, e da alcuni esponenti politici, che auspico facciamo altrettanto, sono del tutto false“. Il giornalista definisce poi suo nonno un “uomo di cultura di primissimo piano e importante ministro fascista”. “Caso rarissimo nella storia d’Italia, ha saputo assumersi tutte responsabilità politiche di quella stagione buia – prosegue Polimeno Bottai -. Ormai cinquantenne, si è arruolato come soldato semplice nella Legione Straniera per andare in prima linea a rischiare la vita per combattere contro i nazisti e per riportare la democrazia nel nostro Paese. Un comportamento esemplare, di cui sono fiero e che fa di me un irriducibile sostenitore della democrazia e un altrettanto inflessibile oppositore di ogni forma di dittatura”.

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