Il dado è tratto: Enzo Bianchi, il fondatore della comunità di Bose, dopo Pasqua lascerà il suo eremo per sempre andando ad abitare con due confratelli in una casa nel Torinese. Dopo 56 anni vissuti nella piccola frazione piemontese nei pressi di Magnano, l’anziano monaco, in precarie condizioni di salute, abbandonerà la sua creatura mettendo fine ad uno scontro che da oltre un anno lo vede in conflitto con il priore Luciano Manicardi.

La notizia arriva da fonti molto vicine a Bianchi: la data del suo trasloco è ormai fissata e a Roma già lo sanno. Un gesto di obbedienza al Pontefice con il quale Bianchi ha una corrispondenza regolare. D’altro canto è stato lo stesso Papa a chiedere a Bianchi, in quest’ultime settimane, di dare “esecuzione” del Decreto singolare del 13 maggio scorso che obbliga il monaco ad allontanarsi a tempo indeterminato da Bose.

Il fondatore, che aveva interrotto la ricerca di una casa a seguito dell’impegno del Segretario di Stato, Pietro Parolin, a concedergli il trasferimento nella fraternità di Cellole, dopo aver compreso che le condizioni (imposte da Cencini) per andare in Toscana erano per lui “disumane” (così le ha definite Bianchi in un comunicato) perché avrebbero potuto cacciarlo in qualsiasi momento e non avrebbe potuto condurre una vita monastica, è tornato a cercare una casa.

Ora l’ha trovata: un’abitazione adeguata ad ospitare la sua vasta biblioteca e gli altri due confratelli che andranno con lui. Impossibile, per ora, sapere dove si trasferirà esattamente: sulla questione c’è il massimo riserbo. Bianchi per ora parla con gli amici più cari, anche se continua a tenere conferenze online: l’8 aprile alle 21 incontrerà i giovani di Crema grazie all’associazione “Rinascimenti” ma anche sabato 27 marzo alle 15 ha tenuto un incontro. L’unica manifestazione di amarezza l’ha twittata due giorni fa scrivendo: “E’ veramente triste passare per testimoni di fraternità, costruttori di comunione e addirittura pacifisti e poi nel quotidiano fomentare la divisione, ricorrere alla menzogna, ferire i deboli, perché prima o poi, si manifesterà come uno vive: allora sarà inevitabile lo scandalo”.

Intanto in queste ore nella comunità di Bose tira una brutta aria. Alle 17 c’è in programma il Consiglio dei Professi dove sicuramente, alla presenza del delegato pontificio padre Amedeo Cencini (che è tornato al monastero), si parlerà anche della questione dello Statuto sollevata da “Repubblica Torino” e dal blog “Silere non possum” del giovane Marco Perfetti. Secondo quanto riportato dal quotidiano e dal sito, lo Statuto della comunità sarebbe stato contraffatto dagli stessi monaci scrivendo una norma transitoria finale, all’insaputa del fondatore, per chiedere finanziamenti alle istituzioni.

La frase in questione è la seguente: “Il fondatore della Comunità Enzo Bianchi, fino al termine della sua vita, è nominato priore emerito della Comunità e con il priore eletto dal Consiglio della Comunità e disgiuntamente tra loro, ha i poteri di rappresentanza previsti dall’articolo 11 comma 2 e 3 del presente Statuto”. Cinque righe che gli attuali vertici di Bose hanno smentito esserci nello Statuto ma che appaiono – secondo la ricostruzione di “Repubblica” – nello Statuto archiviato dalla Fondazione Crt che nel 2019 aveva fatto un’attività ispettiva per verificare che il denaro erogato alla comunità fosse stato speso per quanto dichiarato. Resta, chiaramente, il mistero su chi abbia modificato il documento e a quale fine. Un giallo che rende ancora più teso il clima nella comunità dove altri fratelli e sorelle son pronti a far le valige.

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