“Sono centinaia, solo su Roma, le persone fragili che abbiamo aiutato a ottenere il reddito di cittadinanza“. Così “hanno potuto affittare una stanza o pagare una piccola pensioncina e sono riusciti anche a trovare un lavoretto”. Filippo Sbrana, volontario della Comunità di Sant’Egidio e coordinatore del progetto Housing First, racconta a ilfattoquotidiano.it le storie e le testimonianze di chi, grazie al loro aiuto, è riuscito a lasciare la strada e trovare una sistemazione, seppure precaria.

La misura di contrasto alla povertà introdotta dal M5s ad oggi riguarda circa 2,8 milioni di cittadini. Durante la pandemia il numero dei beneficiari è aumentato, ma proprio chi si trova in condizioni di povertà estrema spesso fatica di più a ottenere l’aiuto. “Quando sei in strada neanche lo sai che esiste il reddito”, racconta Sbrana, che spiega come servirebbero dei navigator per l’accompagnamento burocratico. In assenza dello Stato, al momento ci pensano i volontari della Comunità di Sant’Egidio e di altre associazioni. I risultati sono le storie di persone come Francesco e Claudio, romani, tra i 40 e i 50 anni. “Quando arrivi a combattere per la sopravvivenza, quando ti manca il cibo e il tetto, non ce la fai neanche a cercarlo, un lavoro”, spiega Sbrana. I circa 480 euro al mese del reddito, più l’integrazione di 280 euro per chi paga l’affitto, permettendo di superare questa fase, favoriscono la ricerca del lavoro o almeno di qualche ora di occupazione retribuita. Un sostegno decisivo, quindi, anche se non mancano altre criticità, come lo scoglio rappresentato dalla firma del contratto di locazione: “E’ necessaria per ottenere il contributo integrativo per l’affitto – afferma Sbrana – ma per chi sta in strada avere quei 1000 euro per pagare la caparra di 2-3 mesi diventa un ostacolo insormontabile”.

Francesco, dal dormitorio a un nuovo impiego – Poco più di cinquanta anni, un passato in una ditta informatica chiusa per crisi, da un giorno all’altro si è ritrovato a dormire in giro: “Un po’ ospite da qualcuno, un po’ sul bus e poi, per mesi, in un dormitorio”. Questa è in breve la storia di Francesco. Grazie all’intervento della Comunità di Sant’Egidio è riuscito a ottenere il reddito di cittadinanza. “Dormire in un dormitorio implica che si rientri tra le 18 e le 19, questo rende quasi impossibile lavorare: soprattutto gli impieghi precari generalmente non permettono di staccare alle 17”, spiega Sbrana. “Grazie al progetto Housing First abbiamo superato il problema della caparra di una stanza in una casa in condivisione, che ora Francesco sta pagando grazie al contributo integrativo che reddito di cittadinanza prevede per chi paga l’affitto”. “Proprio di recente – aggiunge – si è rimesso in cerca e nonostante il periodo difficile ha trovato un impiego: fa alcune ore nell’assistenza di una persona con disabilità”.

Antonio e lo scoglio della caparra – Anche Antonio, 45 anni, dopo la morte dei genitori e la perdita del lavoro era finito in strada. Solo e senza entrate, ha dormito in giro solo per pochi giorni perché il reddito gli ha permesso di pagarsi una piccola pensioncina. “Lo scoglio principale che incontriamo quando una persona fragile, in povertà estrema, vuole affittare una casa con il reddito è quello della firma dell’affitto e della caparra – ribadisce Sbrana – perché il contributo integrativo per l’affitto viene dato solo a chi ha già il contratto firmato. E per farlo servono quei 2-3 mesi pagati cui i più poveri non arrivano”. “Sarebbe importante se questo ostacolo si potesse superare”, aggiunge. “Ora speriamo che Antonio possa presto mettere da parte i soldi per pagare la caparra e accedere così alla quota aggiuntiva del reddito, perché l’affitto è quello che garantisce la sicurezza per potersi rimettere in gioco”, sottolinea il volontario.

Quello che manca: il “navigator di strada” – Dalla testimonianza della Comunità di Sant’Egidio emerge quindi con forze l’esigenza di un “accompagnamento” al reddito. “Noi lo proponiamo a tutte le persone con cui entriamo in contatto: li aiutiamo a fare la residenza virtuale, poi i documenti, poi la misura di supporto”, racconta Sbrana. “Un clochard da solo non riesce a seguire le pratiche burocratiche”. E ha bisogno di un aiuto che, per quanto riescono, danno i volontari di Sant’Egidio, come di altre associazioni. “In questo periodo abbiamo ospitato tanti senzatetto a seguito dell’emergenza freddo e grazie a questa occasione siamo riusciti ad avviare le pratiche per il reddito a diverse persone”, racconta Sbrana. Servirebbero navigator dedicati a questo ruolo di sostegno: “Sarebbe bello se alcuni di loro fossero formati anche per l’accompagnamento burocratico per chi non ce la fa”, si augura Sbrana. Soprattutto a Roma, dove ci sono migliaia di appartamenti sfitti e altrettante persone che ancora vivono per strada.

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