Fatto il governo, arriva la grande sfida: 209 miliardi da investire sono la scommessa dell’esecutivo di Mario Draghi per rilanciare il Paese. Ma il punto è che, con la crisi economica che segue e accompagna l’emergenza sanitaria, le richieste di partiti e lobby si moltiplicano ora dopo ora. Così, a questo punto, tutti si chiedono come l’ex governatore della Bce utilizzerà questo denaro. E soprattutto se il premier sarà in grado di tener testa alle mille richieste, concentrando i soldi su comparti strategici che realmente possano ridare slancio all’economia nazionale. Ilfattoquotidiano.it lo ha chiesto al presidente dell’Associazione di politica ed economia Guido Carli, Federico Carli, nipote dell’omonimo ex ministro e governatore che traghettò l’Italia verso l’Unione monetaria.

“La storia personale di Draghi dimostra capacità e piglio non comuni”, riferisce l’economista che lo ha intervistato per il suo libro La figura e l’opera di Guido Carli (Bollati Boringhieri). “Quando il direttore generale del Tesoro, Mario Sarcinelli, si dimise perché stanco delle forti pressioni di alcuni esponenti del governo (presidente era Andreotti) per far affluire dei finanziamenti a imprenditori per esportazioni attraverso Sace, Ciampi chiamò Draghi – racconta Carli – Ma con lui al Tesoro, fu peggio che con Sarcinelli! Molto peggio!”. Come ricorda lo stesso Draghi nel libro, “ci furono reazioni molto vocali, molto esplicite da parte di parecchia gente. Ebbi telefonate anche la notte. La situazione era difficile, perché c’era una legge dello Stato che prescriveva certi adempimenti. Io, venendo dalla Banca mondiale, avevo ben chiare certe cose, la situazione gravissima dell’Unione Sovietica ad esempio, ed ero convinto che quelli fossero impieghi decisamente troppo rischiosi per un ente pubblico. Su questo punto tenni duro due anni”. Niente soldi a pioggia, insomma.

“Lo stesso accadde quando, appena arrivato al Tesoro, si trovò sul tavolo 200 schede da firmare (per concedere le garanzie Sace ndr) – riprende Carli – e alla fine disse: “…ma scusate, questo è come se uno sta lì, apre la porta con la lingua di fuori e tu passi col francobollo e l’attacchi!”. Risata di tutti. E io: «Voi ridete, ma francamente non mi sento di approvare niente»”. Draghi aveva 44 anni. “Se ebbe all’epoca il coraggio di andare dritto per la sua strada, non vedo come potrebbe oggi fare diversamente. Non si farà tirare per la giacchetta” prosegue Carli.

E allora, come verranno investiti i soldi del Recovery fund? “L’obiettivo del governo Draghi sarà quello di imprimere una forte accelerazione alla domanda aggregata per due ragioni: sostenere un’occupazione reale, non sussidiata e dare un assetto sostenibile alla nostra finanza pubblica – spiega Carli -. Non dobbiamo dimenticare che una parte importante dei fondi messi a disposizione dall’Europa è comunque debito che deve essere ripagato, e l’unico modo per dare un assetto sostenibile al nostro bilancio è quello di avere una crescita del prodotto interno lordo che si sviluppi a ritmi più veloci della crescita della spesa. Per queste due ragioni, Draghi e la sua squadra indirizzeranno le risorse verso quelle spese con una chiara utilità sociale e ad alto moltiplicatore cioè in grado di generare aumenti del reddito maggiori rispetto allo sforzo finanziario iniziale”.

Secondo Carli, ciò significa in sostanza “privilegiare la politica degli investimenti rispetto a quella di bonus e trasferimenti. Un programma così impostato consentirà al Paese di ripartire e di vedere la luce dopo un periodo molto difficile. Queste considerazioni precedono la scelta dei settori cui indirizzare le risorse”. Quanto invece ai segmenti che andranno privilegiati, secondo Carli, Draghi e il suo team avranno una particolare attenzione per le infrastrutture, intese come reti di trasporti e telecomunicazioni. “Mi attendo una particolare attenzione per questo settore anche per colmare il divario del Paese con il resto dell’Unione – aggiunge l’economista -. Inoltre credo che uno sforzo particolare verrà fatto per il Mezzogiorno che ha una dotazione inferiore rispetto al resto del Paese e che deve essere una priorità. Ritengo che Draghi concentrerà la sua attenzione anche sullo svecchiamento della pubblica amministrazione che può crescere notevolmente e diventare più efficiente se gli strumenti che ha a disposizione sono adeguati alle nuove sfide. Credo che anche la scuola, e ancor prima l’edilizia scolastica, saranno temi chiave”.

Infine, c’è il tema che per Bruxelles è centrale, della tutela dell’ambiente o della transizione ecologica. “Qui sarà necessario evitare battaglie puramente ideologiche perché l’argomento non è né di destra né di sinistra. Di certo, ancora una volta, ci dovranno essere investimenti funzionali a sostenere la crescita e l’occupazione attraverso l’innovazione che favorisca l’aumento di produttività – continua – In quali settori? Trasporti, automobili e aerei, produzione di energia e riscaldamento urbano, smaltimento dei rifiuti, idrogeno. Sono comparti che possono dare risultati importanti nella tutela ambientale generando crescita e occupazione sul lungo periodo. Ritengo inoltre che l’Italia dovrebbe fare anche una battaglia in Europa per la messa insicurezza del territorio che deve costituire una priorità del piano del governo all’interno di una più ampia concezione di tutela dell’ambiente. Così come per la salvaguardia del patrimonio artistico e storico-culturale italiano” .

Tuttavia è indubbio che per far ripartire il Paese è essenziale promuovere il merito. “Draghi già agli esordi al Tesoro con Guido Carli ebbe la fortuna di vivere la sfida per il rinnovo della burocrazia. Viene dalla scuola Bankitalia che ha fatto del merito la sua stella polare. Bankitalia è stata l’Ena italiana. E’ stato il serbatoio presso cui anche il mondo bancario e la grande impresa ha attinto nei momenti di crisi – conclude Carli – Draghi sa quanto importante sia potersi avvalere delle risorse più adatte a risolvere problemi specifici e immagino il suo sforzo andrà in questa direzione. Ma è essenziale che le forze parlamentari a sostegno del governo non pongano eccessivi intralci a questa modalità operativa perché sarebbe grave ostacolare il rilancio del paese. La grande sfida sarà superare i formalismi dietro cui si celano posizioni di rendita. Quello di cui c’è bisogno è aprire la società italiana per riattivare il merito dando aspettative ai giovani e riattivando l’ascensore sociale nel Paese”.

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