È stata identificata una nuova mutazione del virus Sars Cov 2, che potrebbe avere conseguenze sulla diffusione del virus nell’organismo umano e sulla sua evoluzione clinica, ma che non sembra avere effetto sull’efficacia dei vaccini. La scoperta, pubblicata sulla rivista Emerging Microbes & Infections, è dei ricercatori dell’università Statale di Milano coordinati da Serena Delbue, Pasquale Ferrante ed Elena Pariani. A differenza delle mutazioni identificate finora e presenti nelle varianti del virus finora note, quella scoperta dal gruppo italiano non si trova sulla proteina Spike, che il virus utilizza per entrare nelle cellule, ma sulla proteina ORF-6. “Si tratta di una proteina molto piccola, che ha una funzione regolatoria nel virus, cioè non crea la sua struttura, ma agisce sulla sua patogenesi, cioè sul modo in cui il virus causa la malattia nell’organismo ospite”, spiega all’Ansa Serena Delbue.

I ricercatori del laboratorio di Virologia della Statale hanno visto inoltre che la proteina mutata è “tronca, cioè ha 6 amminoacidi in meno. Già sul virus della Sars si era visto che questo particolare interagiva con il sistema immunitario, ma non sulla produzione di anticorpi. È quindi probabile che accada lo stesso per il Sars Cov 2, anche se non sappiamo ancora se in bene o in male”. In altre parole, precisa la ricercatrice, “questa mutazione potrebbe o favorire la diffusione del virus nell’organismo ospite, o invece renderlo meno pericoloso. Questo dobbiamo ancora capirlo”.

Durante la replicazione del virus, la proteina ORF-6 modula infatti la risposta immunitaria dell’organismo ospite, interagendo nella produzione degli interferoni, che sono una delle risposte antivirali attivate dall’organismo ospite. La mutazione potrebbe quindi influire sulla diffusione del virus nell’organismo. “Non ha invece alcun effetto sull’efficacia del vaccino. Abbiamo dimostrato però – conclude Delbue – che in questo virus ci sono altre proteine importanti, oltre alla spike. Ciò indica l’importanza di monitorare tutte le mutazioni che Sars Cov 2 accumula, anche quelle che coinvolgono le regioni regolatorie, ad oggi meno studiate, ma che costituiscono più della metà del genoma virale”.

Lo studio

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