di cittadinanzainformata.it

Pare proprio che, tosto o tardi, toccherà alla compagine di destra prendere in mano la guida dell’Italia. Di per sé, nulla di devastante. Forse solo un avvicendamento che si verifica puntualmente, a ondate, in tutto il mondo occidentale. Nell’Italia di oggi, però, credo che il problema si ritrovi nel tipo di elettorato che questo esecutivo avrà voluto.

Si tratta spesso di cittadini che hanno dimostrato una profonda insofferenza alle regole. La parola che viene in mente per definirli è anarchici. Ovvio, non i Sacco e i Vanzetti, i Tolstoj, i Bakunin, i De André, ma, molto più banalmente, quelli (e quelle) che non sopportano di essere costretti a seguire le regole. Non è un fenomeno nuovo, naturalmente, forse è un tratto geneticamente trasmesso, sicuramente inasprito dal berlusconismo. La responsabilità di Berlusconi in questo senso è stata ben delineata da Corrado Augias intervistato per la Confessione da Peter Gomez, quando ci dice che “Berlusconi ha corrotto l’Italia”.

I mali dell’Italia, lo sappiamo, sono l’arretratezza, la corruzione, l’evasione fiscale: tutti problemi la cui soluzione si potrebbe trovare solo in un rinnovato patto sociale e nel rispetto delle regole condivise. Non sembra che il centrodestra si distingua per campioni di questa visione.

Matteo Salvini stesso, ad esempio, appoggiando apertamente il movimento #ioapro, dimostra al suo elettorato che c’è spazio per chi, critico nei confronti delle imposizioni del governo, vi si ribella. Ha incominciato presto. Lui stesso lo dice in Secondo Matteo (2016, p. 45) quando racconta di aver fatto salire, da ragazzo, ben 11 amici sulla sua Austin Metro per una gita in Trentino. Certo, sottolinea che non son cose che si devono fare, ma lo dice ammiccando, come uno zione un po’ bamba che, mentre si gira un cannone, con un lampo di malizia negli occhi, dice ai nipoti: “Non fate i miei errori, ragazzi!”.

La sua classe dirigente non è da meno. Da piccoli consiglieri e sindaci di piccoli comuni che gestiscono i fondi governativi per i meno abbienti, infischiandosene delle finalità e preparando pacchi “per sfigati”, ad altri sindaci che, in imbarazzanti siparietti, si esibiscono in pernacchie, fino alla compianta Presidente di Regione Jole Santelli che, priva di mascherina, ballava la tarantella in allegro assembramento in piena pandemia e al deputato che si vanta di essere più volte andato al ristorante aperto in barba alle restrizioni.

Penso che l’adesione alle regole non significhi accettarle ciecamente, ma comprenderne la ragion d’essere. In primo luogo, la loro necessità per il sussistere di una società e come premessa per la coesione sociale.

Un secondo valore che, in un momento di profonda crisi, credo dovrebbe affiancarsi a questo, che ne è figlio, è la solidarietà. Quella cui si riferisce la Costituzione, quando, nell’articolo 2, ci dice che la Repubblica “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Non certo la solidarietà che a destra credono sia quella che si deve esprimere alle forze dell’ordine quando vengono illustrate come porci in un video della Nannini e, a sinistra, che sia dare ai “poveri meritevoli”.

A nessuno piace l’idea di separarsi dal denaro guadagnato con il proprio lavoro e pagare le tasse. Ma si può (mi piacerebbe poter dire: si deve) essere felici di farlo perché questo significa contribuire all’esistenza della comunità in cui si vive.

Oggi, come forza di opposizione, il messaggio che la Lega lancia è: ribellione, disprezzo per le leggi e le istituzioni, esaltazione del particolarismo e dell’individualismo egoista. E sembra un appello accolto ben volentieri.

Passato dall’altra parte, come riuscirà Salvini a gestire tutti questi anarchici e fare in modo che l’Italia riparta, si rinnovi e sia in grado di ripagare gli enormi debiti che avrà contratto?

Non credo se lo sia mai chiesto. Questo mi preoccupa.

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