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Altro che ‘etica dell’alpinismo’: chi aggira le restrizioni in montagna merita multe salate

Altro che ‘etica dell’alpinismo’: chi aggira le restrizioni in montagna merita multe salate
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Tra i piccoli e più avvilenti risvolti, a margine di questo interminabile periodo di restrizioni da pandemia, ilfattoquotidiano.it ha già più volte sollevato la questione dei furbetti da ‘lockdown’ che si travestono da atleti, con una qualche tessera di federazione del Coni, e si autopromuovono ‘d’interesse nazionale’, grazie alle piccole complicità delle società sportive: si notava bene, durante il periodo festivo a cavallo dell’anno nuovo, dagli assembramenti di sciatori, più o meno oscurati dalle webcam, davanti ai pochi impianti di risalita aperti.

Ma ancora pochi giorni fa a Milano la questione è stata sollevata da alcuni circoli di tennis ligi alle regole, perché lo stesso fenomeno di aggiramento dei divieti grazie al trucco dell’upgrade tecnico dei tesserati alla federazione accadrebbe anche sui campi di terra rossa.

Di sicuro, in giro per le Alpi, capita con gli sci-alpinisti, che ancora impazzano qua e là, nonostante provvedimenti restrittivi appositi, come quelli reiterati dalla valle d’Aosta per non intasare le strutture sanitarie fino al 15 gennaio.

Non si sa poi bene a quale magheggio possano richiamarsi quelli che continuano imperterriti ad andare sulle montagne a scalare, su roccia e su ghiaccio, con i rischi conseguenti magari pure strombazzati via social: il fine settimana dopo la Befana un diligente arrampicatore ha segnalato ad alcune guide e sul suo profilo Facebook la presenza di un pericoloso masso in bilico sopra alcune vie di salita a lato del monte Medale di Lecco, altresì chiamato dagli abitanti dei dintorni sic et simpliciter ‘monte Marcio’…

Del resto, che vuoi mai che facciano gli alpinisti se il presidente del Club Alpino Italiano ha dichiarato pubblicamente, ancora in una recente intervista al Corriere della Sera, che questi divieti, seppur temporanei e limitati a due-tre settimane, “danneggiano i diritti fondamentali dell’individuo e la bellezza dell’alpinismo”. L’ argomento pseudo-libertario appassiona da sempre i tradizionalisti dell’ambiente, che rifiutano qualunque regola, sia di sicurezza sia di tutela ambientale, in un campo dove, chissà perché, si presume che debba essere lasciato libero sfogo agli istinti ‘eroici’ di chi vi si avventura.

Oltre al divieto di sci-alpinismo in val d’Aosta, per esempio, il rappresentante del Cai se la prendeva con il progetto di regolamentare anche la pratica delle escursioni con ciaspole o racchette da neve, estendo l’obbligatorietà di pala, sonda e apparecchio di ricerca anti-valanga. Sic. Ma non dovrebbe essere invece compito di questa storica associazione, finanziata dagli iscritti ma anche dallo Stato, l’educazione alla montagna?

Per fortuna che, contemporaneamente, l’ottimo Lorenzo Cremonesi, inviato di guerra e alpinista appassionato, ha dato la parola anche al presidente dimissionario delle guide alpine Pietro Giglio, che non ha gradito le ultime polemiche, e dall’alto della sua veneranda carriera non ha nessuna paura di prendere posizione contro i troppi “anarchici delle montagne” (sia detto con tante scuse ai seguaci del movimento anarchico storico) che si vedono in giro: “Tirare in ballo l’etica dell’alpinismo, in questo momento di emergenza”, ha detto chiaro e forte Giglio, “è cinico“.

A proposito di etica, sono i giorni del tentativo di assalto al K2 invernale. Una delle spedizioni più agguerrite, dopo qualche giorno di maltempo, ha dovuto fare i conti con la perdita completa dei materiali (tende, bombole d’ossigeno, fornelli e cibo, solette riscaldanti di ricambio per gli scarponi, batterie per i guanti e così via) nel secondo dei campi alti: tutto volato chissà dove per una tempesta di vento.

Ecco una ragione in più per stare dalla parte dei puristi dello stile alpino alla Messner, che considerano etico affrontare la montagna senza eccessivi artifici tecnici e lasciando il terreno così come lo si è trovato: l’impronta ecologica di sfide come quella in atto sotto al K2, nel povero e sfortunato Pakistan, non sarebbe accettabile in California, a Yosemite, o nelle nostre Alpi, costerebbe salatissime multe e susciterebbe generale esecrazione. Magari pure degli alpinisti da Club.

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