La regione più maschia d’Italia. È stato trovato l’accordo nella notte per il rimpasto nella giunta che governa la Sicilia e si va verso la sostituzione dell’unica donna con un uomo. Così che l’isola corre a vele spiegate verso il primato italiano per la rimozione di genere: 12 assessori, tutti maschi. Come la Sicilia fa solo il Molise che però ha una rappresentanza governativa di meno della metà: 5 assessori in tutto. Per questo già di prima mattina la Cgil ha attaccato: “Un atto becero – così lo definisce la sigla sindacale in una nota -. Dopo non avere fatto niente per promuovere l’occupazione femminile e per un welfare che rispondesse ai bisogni e garantisse i diritti di cittadinanza delle donne, il governo Musumeci si appresta ora a varare una Giunta regionale tutta al maschile. Un atto becero che segnerebbe la conferma di un esecutivo per il quale la parità di genere e i diritti delle donne vengono all’ultimo posto e sono perlopiù solo vuoti titoli”.

Dice addio l’unica componente del gentil sesso del governo regionale, Bernadette Grasso, assessora alle Autonomie locali e Funzione pubblica: “Ho fatto il mio dovere fino all’ultimo e sono soddisfatta dei risultati ottenuti, dopodiché, io faccio parte di un gruppo. Stop”, ha commentato la diretta interessata. Che verrà adesso sostituita da Marco Zambuto, da poco trombato alle amministrative di Agrigento, adesso premiato con un posto di governo. Ma proprio da quella provincia si lamentava un vuoto di rappresentanza, sono stati accontentati con la consegna a Zambuto, ex sindaco di Agrigento, ex presidente dell’assemblea regionale del Pd, ma anche ex berlusconiano e rientrato tra le file di Fi dopo la parentesi dem. È, infatti, tutto interno a Forza Italia il rimescolamento degli assessori: Edy Bandiera, assessore all’Agricoltura e pesca, sarà adesso sostituito dal trapanese Tony Scilla, presidente di Agripesca, primo dei non eletti alle ultime regionali, uomo fidato di Gianfranco Micciché, Scilla attendeva da tempo il suo turno in giunta, la staffetta con Bandiera pare fosse già in programma dopo l’esito delle Regionali.

Un rimpasto tutto politico che però risulta ingeneroso con la rappresentanza femminile, nonostante l’assemblea regionale siciliana abbia approvato lo scorso giugno una norma per assicurare il 30 per cento di alternanza di genere in giunta. Una norma che dà un chiaro indirizzo politico, completamente ignorato dalla giunta. Almeno così pare. Dopo l’accordo raggiunto in nottata, e l’imminente ufficializzazione del rimpasto, dal governo è arrivato lo stop. Forse un ripensamento? Fino alla tarda mattinata pareva ormai certo, tanto che sono fioccate le dichiarazioni: “Musumeci inaugura la prima giunta integralmente al maschile, virile rimembranza del ventennio fascista in cui alle donne non era neppure concesso di votare”, ha ricordato Claudio Fava. Che ha invocato l’intervento del presidente della Repubblica: “Sarà il caso che di questa offesa giuridica e culturale si occupi anche il presidente Mattarella (siciliano anche lui, ndr), a meno che l’autonomia siciliana debba essere intesa anche come extraterritorialità rispetto alla civiltà del diritto e della storia”.

Ma “ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie”, ne è convinto il neo leghista, Vincenzo Figuccia, approdato al gruppo di Salvini dall’Udc, solo lo scorso 1 dicembre, rispondendo alle polemiche con un riferimento perlomeno ardito. “La giunta Musumeci conclude l’anno senza bilancio di previsione per gli anni 2021-2023 né piano per le riforme e con un rimpasto che esclude le donne dalla giunta”, ha invece sottolineato il capogruppo all’Ars del Pd, Giuseppe Lupo, durante la discussione in aula sul bilancio provvisorio, la cui approvazione è slittata al 5 gennaio. E ha continuato: “Evidentemente il presidente Musumeci negli ultimi mesi si è concentrato solo sul rimpasto di governo che esclude totalmente la presenza femminile. Il gruppo parlamentare del Pd ha già proposto all’Ars un disegno di legge di riforma elettorale che introduce la preferenza di genere già dalle prossime elezioni regionali”.

Di certo, per la Sicilia si tratta un arretramento di non poco conto, nonostante possa vantare il primato di prima donna in un consiglio regionale: è infatti siciliana la “prima donna membro di un governo in Europa, sia pur regionale”, così si definiva Paola Verducci Tocco, messinese eletta con la Dc all’Assemblea regionale siciliana nel 1947, e nominata un anno dopo assessora regionale supplente al Lavoro.

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