Chi ha un figlio – soprattutto se maschio – lo sa: per quanto tu possa aver riempito la sua stanza di bandiere arcobaleno, per quanti libri sulla pace nel mondo tu possa avergli comprato, per quante “gabbianelle e il gatto” possa tu avergli letto, arriva sempre il momento in cui un figlio appiccica il naso alla prima vetrina giocattolo tappezzata di verde militare e ti chiede di portare in casa il suo piccolo arsenale.

Per chi come me ama la pace e ripudia la guerra il colpo è durissimo. L’immagine di un piccolo e impietoso stratega di guerra prende il posto a quella del leader ambientalista e pacifista che ti immaginavi diventasse. E dalla barba incolta ai capelli rasati è davvero un attimo.

Pensi che forse hai esagerato con ‘sta storie delle manifestazioni contro l’acquisto degli F35 e le armi chimiche fin dalla più tenera età e che invece di parlagli del surriscaldamento globale dovevi portarlo a EuroDisney. Quando stavi per convincerti del disastro totale della tua indole educativa, ecco che tutto a un tratto arriva la Lego a darti ragione. Eh sì, perché, udite udite, il colosso danese numero uno mondiale nel comparto giocattoli ha deciso di non produrre modelli, figurine umane in miniatura o kit di mattoncini che consentano di costruire riproduzioni di armi e soldati di guerre contemporanee o moderne.

La decisione arriva dopo le proteste per aver messo in commercio l’Osprey, un velivolo che viene utilizzato solo dalle forze armate americane e giapponesi. Il gioco in questione non mostrava armi ed è stato inserito nella serie più tecnica dei giochi Lego; ma per le pressioni o per qualche altro motivo, il kit di costruzione è stato immediatamente ritirato. Da lì la decisione di non produrre più mattoncini che richiamassero veicoli da guerra.

Se c’è chi teme che la passione dei bambini per soldatini e carrarmati sia un problema per la loro crescita non gioca con i bambini. Se c’è chi teme che la violenza da adulti derivi dall’aver costruito aeroplani e carrarmati da piccoli, forse si piega a semplificazioni e tralascia quanto il gioco figurato sia anche un modo per aiutarli a distinguere il bene dal male.

Perché per quanto noi possiamo aver loro raccontato il male della guerra, un bambino di pochi anni è pur sempre un bambino di pochi anni e quando gioca con i Lego a lui interessa smontare e ricostruire. Dunque, se è sempre valido il motto “mettete dei fiori nei vostri cannoni”, occorre forse interrogarsi sull’utilizzo delle armi nei videogiochi, ben più violenti, ben più passivi, ben più alienanti e su quanto noi stiamo nel gioco con i bambini. Se vogliamo che i nostri figli vivano in un mondo senza armi, è nel mondo stesso che dobbiamo toglierle. È un ragionamento banale ma è l’unico valido. In attesa di ulteriori sviluppi e in questa scissione dei giochi tra buoni e cattivi, una domanda su tutte mi sento di fare: ma la nave dei pirati dove la metto?

Articolo Precedente

A Torino un giardino intitolato ai martiri della lotta contro l’Isis. Ora ci vogliono scelte di politica estera

next
Articolo Successivo

Covid, governo ladro

next