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Non si scioglie il sangue di San Gennaro, ma la liquefazione del 16 dicembre è la più rara

Si ritiene che il mancato scioglimento sia segno di eventi nefasti, tra pandemie, terremoti ed eruzioni del Vesuvio che hanno messo in pericolo, nel corso dei secoli, gli abitanti di Napoli

di Francesco Antonio Grana

San Gennaro delude napoletani, fedeli e curiosi di tutto il mondo. Alla fine non c’è stato l’ultimo miracolo dell’anno, quello previsto il 16 dicembre in ricordo di un evento prodigioso che salvò Napoli dalle conseguenze di una violenta eruzione del Vesuvio. In questa data del 1631, infatti, la lava minacciò di distruggere la città partenopea. I napoletani, in preda al panico, si affidarono a San Gennaro portando il busto del santo contenente il suo cranio e la reliquia del sangue in processione per le strade. La lava si fermò miracolosamente ai confini della città e Napoli fu salva. Da questo evento la tradizione vuole che il 16 dicembre di ogni anno la Chiesa partenopea ricordi il patrocinio di San Gennaro sul capoluogo campano.

È il miracolo sicuramente meno conosciuto dei tre che si verificano ogni anno. Il primo cade il sabato che precede la prima domenica di maggio in ricordo della traslazione dei resti del santo dall’agro Marciano e da Montevergine a Napoli e nei sette giorni successivi. Il secondo appuntamento, quello sicuramente più conosciuto nel mondo, è il 19 settembre, festa liturgica di San Gennaro e anniversario del suo martirio. Anche in questo caso il sangue si scioglie nei sette giorni successivi. Rarissimamente, invece, il prodigio avviene il 16 dicembre. La liquefazione si verifica anche in altre date e per lo più in occasione di visite di personaggi religiosi illustri, anche non cattolici. Il 21 marzo 2015 si sciolse nelle mani di un emozionatissimo e alquanto sorpreso Papa Francesco nella cattedrale di Napoli. Non avvenne così con Benedetto XVI in visita nel capoluogo campano il 21 ottobre 2007, né con San Giovanni Paolo II per tre giorni a Napoli nel novembre 1990. Prima di Bergoglio, il sangue di San Gennaro si era sciolto solo per il Beato Pio IX in esilio a Gaeta dopo i moti rivoluzionari del 1848 e la proclamazione della Repubblica romana.

La mancata liquefazione del sangue e il suo collegamento con eventi nefasti come guerre, epidemie, in particolare di colera, eruzioni del Vesuvio e terremoti come quello del 1980 è sempre stata legata ai miracoli di maggio e settembre. Mai a quello di dicembre, evento a lungo snobbato anche dai cardinali arcivescovi di Napoli e relegato a una celebrazione di tono assai minore nella cappella del tesoro di San Gennaro e non nel maestoso scenario del Duomo partenopeo, come avviene a settembre, o nella basilica di Santa Chiara al termine di una lunga e caratteristica processione, come avviene invece a maggio.

Il primo miracolo risale al 17 agosto 1389. Nel 1988 l’allora arcivescovo di Napoli, il cardinale Michele Giordano, volle vederci chiaro e chiese allo scienziato torinese che aveva a lungo studiato la Sindone, Pier Luigi Baima Bollome, di esaminare il sangue di San Gennaro. Lo scienziato effettuò una spettroscopia con uno strumento dotato di macchina fotografica sulla teca del sangue del patrono partenopeo allo stato fluido da cui emerse la presenza di emoglobina e di suoi prodotti di degradazione. “Questo risultato – affermò Baima Bollone – non prova con assoluta certezza la presenza di sangue, ma porta ragionevolmente a escludere che si tratti di materiale di diversa natura. Tutti questi riscontri convergono alla conclusione che la vicenda di San Gennaro sia una precisa realtà storica”.

Lo scienziato sottolineò, inoltre, che “va tenuto presente che, con una media di 17 liquefazioni all’anno, dal 1389 a oggi se ne sono verificate all’incirca 10mila in luoghi, in condizioni ambientali e in climi culturali anche molto diversi”. Baima Bollone precisò che non sembra esistere un punto di fluidificazione costante del contenuto dell’ampolla giacché la fusione avviene in un ambiente nel quale la temperatura varia dai 30 gradi dei mesi caldi ai 5-6 gradi di quelli invernali. Non vi è neppure un rapporto tra la temperatura, la velocità del cambiamento di stato, molto diversa da una liquefazione all’altra, e il grado di fluidificazione che risulta senza regola. Infatti, in alcuni casi il liquido di fusione scorre come l’acqua, mentre in altri risulta pastoso, vischioso e quasi gommoso. Alcune volte contiene il cosiddetto “globo”, una porzione di sostanza non completamente liquefatta. Varia, inoltre, il colore nero che diventa rosso scuro, talora rosso vivo e altre volte rosso giallastro. Muta pure il volume che sembra raddoppiare, spesso con formazione di spuma. Cambia, infine, il peso con un’escursione anche di una trentina di grammi, in alcuni casi addirittura con rapporto inverso rispetto alle variazioni di volume. “Tutto questo – spiegò Baima Bollome – sfugge a ogni possibile spiegazione scientifica”.

A lungo coloro, anche tra gli scienziati, che hanno sostenuto la falsità del miracolo di San Gennaro hanno spiegato questo evento sostenendo che la liquefazione è causata dalle ripetute oscillazioni della teca contenente il sangue. Il mancato scioglimento, in questo caso come in anni precedenti, dimostra che questa tesi è assolutamente falsa. L’oscillazione della teca, infatti, non innesca la liquefazione del sangue. Negli ultimi anni, sia a maggio che a settembre, quando è stata aperta la cassaforte contenente la teca con la reliquia il sangue è stato trovato già completamente sciolto senza essere stato soggetto ad alcun movimento.

Twitter: @FrancescoGrana

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