Per capire se sarà una vera e propria reazione è presto. Di sicuro dopo che la procura di Roma ha chiuso le indagini sull’omicidio di Giulio Regeni il governo ha deciso in qualche modo d’intervenire. E ha convocato una riunione a Palazzo Chigi. Su input del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si sono seduti attorno a un tavolo il premier, Giuseppe Conte, i ministri dell’Interno e della Difesa, Luciana Lamorgese e Lorenzo Guerini. Al centro della riunione il dossier relativo aall’assassino del ricercatore di Fiumicello.

Di Maio ha definito “agghiacciante” il quadro descritto dai magistrati italiani e ha chiesto che il governo sia unito nell’attivare tutti i possibili canali internazionali. Il ministro degli Esteri ha dunque proposto di coinvolgere direttamente l’Ue affinché faccia pressione sull’Egitto per l’elezione di domicilio degli indagati dalla procura di Roma. “L’Italia è un Paese fondatore dell’Ue e sul tema dei diritti umani non è concesso fare passi indietro. E’ opportuno che ad esprimersi chiaramente su questo tema siano anche i nostri partner europei attraverso azioni mirate“, sono le parole del titolare della Farnesina, che ha chiesto al governo di essere unito “nell’attivare tutti i possibili canali internazionali”.

La scorsa settimana la procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sull’uccisione del ricercatore friulano, emettendo quattro avvisi di chiusura delle indagini, un atto che solitamente prelude la richiesta di rinvio a giudizio, per altrettanti appartenenti ai servizi segreti del Cairo, mentre per il quinto indagato è stata chiesta l’archiviazione. Le accuse, a seconda delle posizioni, sono di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate. “Per l’omicidio di Giulio Regeni si svolgerà un solo processo e si svolgerà in Italia con le garanzie procedurali dei nostri codici”, ha assicurato il procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, in audizione insieme al sostituto procuratore Sergio Colaiocco davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Regeni.

Nella ricostruzione dei magistrati si parla di violenze perpetrate per “motivi abietti e futili e con crudeltà” che hanno provocato “la perdita permanente di più organi”. Giulio, scrivono, è stato seviziato “con acute sofferenze fisiche, in più occasioni e a distanza di più giorni attraverso strumenti affilati e taglienti e di azioni con meccanismo urente”. Un trattamento che ha causato “numerose lesioni traumatiche a livello della testa, del volto, del tratto cervico-dorsale e degli arti inferiori”. Adesso, a rischiare di finire a processo sono il generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e appunto Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Chiesta invece l’archiviazione per Mahmoud Najem. “Per quest’ultimo – spiega una nota della Procura di Roma – non sono stati raccolti elementi sufficienti, allo stato, a sostenere l’accusa in giudizio”.

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