Nei giorni scorsi sulla zona alpina al confine con la Francia si è abbattuta una bufera di neve e le temperature sono scese a meno dieci gradi. Eppure sono decine i migranti che anche in queste condizioni tentano di attraversare il confine italofrancese a Claviere. Un flusso cresciuto in questi ultimi mesi. Arrivano in paese in bus e subito si incamminano sui sentieri che costeggiano gli impianti da sci chiusi. Indossano jeans e scarpe da tennis che affondano nella neve fresca. La Francia non è lontana, ma basta sbagliare strada e si rischia di rimanere persi a oltre duemila metri d’altezza. “Negli anni scorsi erano soprattutto centroafricani che avevano attraversato il Mediterraneo – spiega Michele Belmondo della Croce Rossa Italiana di Susa che insieme a tanti volontari porta avanti il progetto Migralp – ma da quest’autunno ci sono molte più famiglie che arrivano direttamente dalla rotta balcanica”. Afgani, iraniani, pakistani, spesso anche con bambini al seguito. Arrivano in Val di Susa dopo aver percorso migliaia di chilometri a piedi, in treno sui bus o nascosti sui tir. La Francia per tanti di loro è solo una tappa del viaggio verso la Germania o l’Inghilterra.

“Tra luglio e metà agosto sono stati contati solo nella cittadina di Oulx almeno 130 tra bambini e adolescenti” scrive in un report l’organizzazione umanitaria Medici per i Diritti Umani. “Persone fragili che arrivano qui già con diverse ferite che si sono procurate durante il loro viaggio e che necessitano di cure”. Sul lato italiano in tanti provano a dare una mano. Ci sono i volontari della Croce Rossa che ogni sera presidiano i valichi di frontiera pronti a intervenire in caso di necessità e di richieste di aiuto. Barrette energetiche, bottiglie d’acqua e the caldo per chi si mette in cammino. Mantelline termiche e assistenza medica per chi torna indietro stremato dal freddo. “Il nostro ruolo non è né di spingere le persone a passare la frontiera né di fermarle, ma di dare indicazioni e informazioni affinché non si mettano in situazioni di pericolo. Poi sta ad ogni persona decidere che cosa fare”. Ci sono poi gli attivisti che hanno occupato una casa cantoniera sulla strada che porta in Francia e che ogni sera ospitano decine di persone. E c’è il rifugio Fraternità Massi di Oulx aperto nel settembre 2018 che accoglie i migranti che sono stati respinti dalla polizia francese. Dopo la calma relativa durante il lockdown, i numeri dei passaggi sono aumentati da settembre. Ad ottobre la Croce Rossa ha contato oltre 400 interventi. Ma sarebbero almeno il doppio quelli che hanno provato il passaggio senza venire registrati.

“Il governo francese, cosi come il governo italiano a Lampedusa o a Trieste, da una parte criminalizza chi porta solidarietà e rende sempre più difficile e rischioso attraversare i confini – spiega il pastore valdese Davide Rostan che come tanti cittadini della Val di Susa ha dato una mano a chi aveva difficoltà – dall’altra non concedendo visti e diritto di cittadinanza, crea le condizioni affinché in Francia come in Italia ci siano sempre più stranieri che vivono senza documenti, ricattabili e sfruttabili nei lavori agricoli, nei cantieri o dalla malavita”. Oltre confine, i pattugliamenti della Polizia di Frontiera transalpina sono diventati sempre più intensi con droni e motoslitte, mentre sul piano giudiziario i cittadini francesi che assistono i migranti rischiano di venire processati per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Era successo nel 2018 al falegname di Briançon Benoit Ducos che aveva salvato e portato in ospedale una donna incinta. Ma continua ad accadere ancora oggi. Il 19 novembre due cittadini francesi sono stati fermati dalla polizia mentre aiutavano una famiglia in difficoltà poco dopo il confine. I due bambini, il padre e la madre incinta di otto mesi sono stati respinti in Italia, mentre i due attivisti dovranno rispondere di fronte al tribunale di Gap dell’accusa di “aiuto all’ingresso, alla circolazione o al soggiorno irregolare di stranieri”. “Umiliazioni, violenze della polizia e repressione illegale alle frontiere mettono a repentaglio la vita di tutte quelle persone che non hanno altra scelta se non quella di fuggire dal loro paese” scrive in una nota l’associazione Tous Migrants che è impegnata nella gestione del rifugio solidale di Briançon a pochi chilometri dal confine italiano. Qui i migranti che riescono a passare il confine trovano un luogo caldo dove passare una notte e dove trovare assistenza sanitaria in attesa di proseguire il viaggio. Uno spazio che il nuovo sindaco della cittadina francese avrebbe voluto sgomberare, ma che grazie ad una raccolta di oltre quarantamila firme rimarrà aperto anche quest’inverno“La speranza – conclude Medici per i Diritti Umani è che la frontiera italo-francese non diventi un altro confine di morte”.

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