Il razzismo a giorni alterni e la grande contraddizione del sultano Erdogan. Dopo la partita di Champions’s League interrotta tra Psg e Basaksehir, il Presidente turco ha tuonato: “No a qualsiasi forma di razzismo, l’Uefa intervenga”.

Condivisibile il richiamo, visto l’episodio che ha coinvolto le parole offensive del quarto uomo, ma fa specie ad esempio il silenzio turco su altro razzismo che c’è stato in passato nei confronti dei curdi, o dei greci del Ponto, o degli armeni o dei ciprioti sulla cui isola, stato membro Ue, ci sono ancora 50mila militari turchi che occupano il lato settentrionale.

Si tratta di una sorta di perbenismo a giorni alterni, o meglio detto di convenienza, che viene brandito come una clava dal governo di Ankara solo per un proprio tornaconto elettorale e anche geopolitico. Il perché è presto detto e può essere spiegato con il metro della secca cronaca.

Le difficoltà economiche del sistema turco, con la lira che ha perso il 24% in un anno rispetto al dollaro, si sono sommate alle tesi della profondità strategica perseguite da Erdogan, che dopo aver ottenuto successi in Siria e in Libia punta ad allargare il proprio bacino di influenza nel dossier energetico pur in contrasto con leggi e trattati. Il Mediterraneo orientale è ricco di giacimenti di gas: Erdogan sta andando contro tutto e tutti pur di non restarne tagliato fuori.

Cosa c’entra allora il razzismo e il suo passato? I casi citati si intrecciano pericolosamente sull’asse economia-politica-società. Un rapido ripasso di storia recente può essere di aiuto in questa analisi.

Erdogan ha avviato una campagna contro i curdi per imporsi nel nord della Siria, a mio avviso utilizzando lo stesso metro di pulizia etnica usato contro armeni, greci del Ponto e ciprioti. Ma questa volta il silenzio della comunità internazionale è stato ancora più stridente: in Siria lo scorso anno è andato in scena uno spettacolo drammatico, con i curdi, già grandi alleati dell’Occidente nella lotta contro l’Isis, che sono stati attaccati da Erdogan con il consenso Usa.

Risalgono al 2015 le accuse della milizia curda siriana (Ypg) e del principale partito filo-curdo della Turchia (Hdp) contro la Turchia di aver permesso ai soldati dello Stato Islamico di attraversare il confine per attaccare Kobane. Secondo un rapporto pubblicato da Human Rights Watch nel 1993, “i curdi in Turchia sono stati uccisi, torturati e scomparsi a un ritmo spaventoso da quando il governo di coalizione del primo ministro Suleyman Demirel è entrato in carica nel novembre 1991”.

Stesso cliché contro Cipro, invasa nel luglio del 1974 in risposta ad un tentato colpo di Stato greco e da allora militarizzata e vandalizzata: tutte le chiese di culto diverso dal musulmano (ebraiche, ortodosse, maronite) sono state devastate o trasformate in stalle, bordelli o resort, come dimostra il volume fotografico “Monumenti religiosi nella parte di Cipro occupata dalla Turchia”, scritto da Charalampos Chotzakoglou, professore di Arte bizantina presso la Libera Università Ellenica.

Degli armeni si sa qualcosa di più anche grazie ad alcuni pregevoli libri che sono stati pubblicati anche in lingua italiana: il genocidio fa riferimento alle deportazioni ed eliminazioni di 1,5 milioni di armeni perpetrate dall’Impero ottomano. Il governo turco non ha mai riconosciuto il genocidio, anzi è punito con il carcere fino a tre anni chi in Turchia osi nominare in pubblico l’esistenza del genocidio, mentre una legge francese punisce con il carcere la negazione del genocidio armeno.

Dopo la clava religiosa ecco quella del gas, che di fatto è diventato il nuovo metro della politica erdoganiana: Ankara contesta la Convenzione di Montego Bay sull’uso delle piattaforme marittime e il Trattato di Lisbona che delimitò le acque internazionali nell’Egeo dopo la prima guerra mondiale.

E’ alla luce di questo quadro storico che fa specie se non orrore sentire il Presidente turco dolersi giustamente per un episodio di razzismo nel pallone, ma non dire una parola su condotte di ieri e di oggi perpetrate dalla Turchia. E’ questo il razzismo a giorni alterni di Erdogan, e la sua grande contraddizione di cui l’Europa e le intellighenzie non intendono purtroppo occuparsi.

Twitter @FDepalo

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