Più squadre, più partite internazionali, magari niente gironi. Non è ancora la “Super Lega”, ma non ci va molto lontano. Meglio chiamarla “super Champions”: dal 2024, 36 club (invece degli attuali 32), che si affrontano in una prima, lunghissima fase con almeno dieci partite a testa e avversari casuali, un po’ in stile Nba, prima di arrivare alla tradizionale eliminazione diretta. È questa la riforma che ha in mente la Uefa per rivoluzionare il più importante torneo di calcio al mondo, e resistere alle sirene dei grandi club che vorrebbero mettersi in proprio con una loro nuova competizione. L’obiettivo è sempre lo stesso: fare più soldi, anche a scapito dei campionati.

A rivelare il piano è un articolo del Times, che anticipa le mosse di Ceferin in vista del 2024, quando scadrà l’attuale formato e tutto verrà rimesso in discussione. L’ultima volta, i principali campionati europei riuscirono ad ottenere più posti a scapito dei Paesi emergenti: l’Italia è stata forse il principale beneficiario, visto che ha riconquistato in piazza stabile i quattro posti in Champions. Le richieste dei potenti però non si fermano: ora è la volta dei grandi club, che chiedono più “big match” internazionali, per incontrarsi solo fra ricchi e diventare sempre più ricchi. È il famoso progetto della “Super Lega”, un torneo a inviti con i più forti club d’Europa, che piace tanto all’Eca (European Club Association) di Andrea Agnelli.

La Uefa, che organizza la Champions, si è sempre detta contraria e così avrebbe elaborato anche lei il suo piano di riforma, per accontentare tutti. Il principio è semplice: più squadre, più partite, più soldi. Il numero delle partecipanti passerebbe così dalle attuali 32 a 36. Due le proposte su come dividerle. La prima, più tradizionale, prevedrebbe sei gironi da sei, andata e ritorno, con la promozione delle prime due e delle migliori terze. Piuttosto banale. Così prende quota un’opzione alternativa: addio gironi, le 36 squadre concorrerebbero tutte in un’unica classifica; ciascuna giocherebbe 10 partite con 10 avversarie diverse, stabilite dal computer in modo da assegnare a ciascuno un percorso di pari difficoltà in base al ranking. Alla fine le migliori 16 in classifica verrebbero promosse agli ottavi, e dalle 17esima alla 24esima “retrocesse” in Europa League.

La formula sarebbe davvero rivoluzionaria, i promotori sostengono anche più appassionante, visto che ci sarebbe più imprevedibilità e quasi tutti i match sarebbero decisivi fino alla fine per il posizionamento in vista dei playoff. Di sicuro, ci sarebbero più partite di Champions: almeno 10 a testa nella prima fase, rispetto alle attuali 6. Ed è questo il punto, è questo quello che vogliono i grandi club. Ma più partite in Champions vuol dire per forza di cose meno partite in campionato. La riforma delle coppe passa inevitabilmente da quella dei campionati, che dovrebbero ridimensionarsi, sicuramente nel numero di partecipanti, chissà se anche in importanza. Ma le Leghe non ci pensano nemmeno, perché anche loro vogliono giocare tanto, sempre di più, per lo stesso identico motivo. Insomma, il calcio sembra proprio non aver imparato la lezione impartita dal Covid: invece di ridurre il calendario, sempre più ingolfato e insostenibile, puntando sulla qualità e sostenibilità il sistema, continua ad aumentare all’infinito il numero delle partite per aumentare i ricavi. Fino a quando non esplode il pallone.

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