Vincono l’agricoltura intensiva e la lobby dell’agrobusiness. Nessun tetto massimo alla densità di animali per ettaro negli allevamenti intensivi le cui sovvenzioni, almeno per ora, restano invariate. Nessun budget specifico per proteggere la biodiversità sui terreni delle aziende agricole con stagni, siepi e piccole zone umide e, per rimanere in tema, addio all’obbligo di almeno il 10% dei terreni agricoli dedicati alla biodiversità. E viene persino abolito il divieto di arare e convertire i prati permanenti nei siti della rete Natura 2000 (aree protette), dove gli agricoltori potranno ricevere sovvenzioni per trasformare in campi agricoli le zone umide tanto preziose per la fauna selvatica. Mentre l’Europa e il mondo intero sono distratti dalla pandemia, prende forma la riforma della Pac (Politica agricola comune) e, anche se si aspetta il voto finale che dovrebbe arrivare entro questa settimana, assomiglia sempre meno a quella disegnata dalla Commissione europea con la strategia ‘Farm to Fork’ e che doveva essere parte integrante del Green deal europeo. “Mentre i media parlavano di ‘nomi di hot dog vegani’ – ha commentato l’attivista Greta Thunberg, citando un tweet di Greenpeace – il Parlamento europeo ha avallato 387 miliardi di euro per una nuova politica agricola che, in pratica, significa arrendersi su clima e ambiente”.

L’approvazione nella notte– La plenaria dell’Eurocamera ha approvato nella notte un primo gruppo degli emendamenti presentati sui tre testi della riforma (arrivati a quota 1.942), respingendo le proposte della Commissione ambiente del Parlamento Ue di tagliare i sussidi per il sistema degli allevamenti intensivi o di aumentare sostanzialmente i finanziamenti per le misure ambientali. Dopo aver bocciato il primo emendamento posto al voto, infatti, quello che mirava a bloccare il processo di riforma della Pac, anche per contrastare gli effetti del maxi-emendamento frutto dell’accordo fra i tre maggiori gruppi politici europei, il Partito popolare europeo (Ppe), i Socialisti e Democratici (S&D) e Renew Europe (Liberali) ha poi votato a favore dei cosiddetti ‘emendamenti di compromesso’. Nel frattempo, dopo oltre 2 anni di negoziati, al Consiglio dei ministri dell’Agricoltura svoltosi in Lussemburgo, gli Stati membri europei hanno raggiunto un accordo generale sulla Politica agricola comune post 2020, accordo che andrà ora negoziato in trilogo con la Commissione e il Parlamento europeo (dopo l’approvazione definitiva del testo). Il trilogo dovrebbe iniziare presto, sotto la presidenza tedesca del Consiglio europeo, per concludersi all’inizio del 2021.

Più risorse all’agricoltura intensiva – Ma cosa è stato deciso finora? I primi punti fermi sono arrivati sulle risorse a bilancio per le misure verdi: almeno il 35% dei fondi per lo sviluppo rurale e almeno il 30% di quelli degli aiuti diretti. I ministri Ue dell’agricoltura avevano raggiunto un accordo sulla percentuale di almeno il 20% della dotazione nazionale degli aiuti diretti, quindi ancora più bassa. Un accordo difeso dalla ministra italiana delle Politiche agricole, Teresa Bellanova: “L’intesa segna un’evoluzione storica dell’impianto tradizionale della politica agricola” ha detto, sottolineando che “per la prima volta i fondi della Pac saranno assegnati in base ai risultati raggiunti, anziché al mero rispetto delle norme di conformità”. L’accordo prevede che ogni Stato membro presenti un Piano strategico nazionale per la definizione e attuazione di tutti gli interventi, a seguito di un’analisi dei fabbisogni. Le Regioni, attraverso le proprie Autorità di gestione, potranno continuare ad attuare gli interventi inerenti lo sviluppo rurale. Tornando alla plenaria dell’Europarlamento, si è stabilito che i budget nazionali dei pagamenti diretti dovrebbero essere riservati per il 60% al sostegno al reddito degli agricoltori (che storicamente finisce soprattutto alle grandi aziende che promuovono l’agricoltura intensiva), mentre appena un 6% dovrebbe essere mirato alle aziende piccole e medie. La Pac, in teoria, avrebbe dovuto capovolgere proprio questa distorsione, ma la proposta basata sull’accordo dei tre gruppi politici mira anche a dirottare risorse verso pratiche ambientali che solo grandi aziende possono permettersi, come l’agricoltura di precisione.

Clima e biodiversità – Altra decisione: il 30% delle risorse complessive (incluso il cofinanziamento nazionale e regionale) dovrebbe andare ad azioni per il clima e biodiversità. L’Europarlamento propone di aumentare le risorse per le emergenze e le crisi rispetto alla proposta della Commissione, con una ‘riserva’ che parte da 400 milioni e potrebbe essere accumulata negli anni fino ad arrivare fino a 1,5 miliardi. Sulla biodiversità, come visto, ci sono però una serie di punti critici, nonostante l’obiettivo della Commissione europea fosse stato fissato nero su bianco: raggiungere una quota di almeno il 30% delle aree rurali e marine europee protette e trasformare il 10% delle superfici agricole in aree ad alta biodiversità. Un altro problema, infatti, riguarda il fatto che il maxi-emendamento non prevede un meccanismo che incentivi la diffusione di pratiche agricole attente alla biodiversità perché, se approvato in via definitiva, non ci sarà alcun vincolo per l’accesso ai fondi che sia legato a criteri ambientali, ma solo a criteri economici. Le risorse, in sintesi, non andranno a chi mette in piedi un’attività nel rispetto della biodiversità o del clima, ma a chi può guadagnare di più. Con gli emendamenti fin qui approvati, inoltre, si impedisce ai singoli paesi di adottare criteri più stringenti per distribuire la loro quota di risorse.

La questione degli allevamenti – “I deputati hanno firmato una condanna a morte per ambiente, clima e aziende agricole di piccole dimensioni, che continueranno a scomparire a un ritmo allarmante” dichiara Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia. Che commenta: “C’era così tanta insoddisfazione tra i deputati al Parlamento europeo per l’accordo presentato dai tre gruppi politici che 166 di loro, molti in opposizione alla leadership del proprio partito, hanno votato per annullare l’intera proposta della PAC e chiedere alla Commissione di tornare al tavolo di programmazione”. Anche il Commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha affermato che l’accordo raggiunto dal Parlamento è incompatibile con il Green Deal. “Le emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi rappresentano – spiega Federica Ferrario – il 17% delle emissioni totali dell’Ue, più di quelle di tutte le automobili e i furgoni in circolazione messi insieme. Senza una decisa riduzione del numero di animali allevati, l’Ue non sarà in grado di raggiungere gli obiettivi definiti dell’Accordo di Parigi”.

Le reazioni – Diverse le reazioni. “La Politica Agricola Comune non ha bisogno di false riforme, quello che serve è una Pac moderna, ambientalista e a guida europea” ha detto l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Daniela Rondinelli in un intervento in plenaria. Soddisfazione, invece, per Cia-Agricoltori italiani secondo cui il voto “è un grande risultato politico raggiunto in piena pandemia a salvaguardia del settore agricolo e agroalimentare Ue”, mentre il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti ha commentato l’intesa dei ministri europei. “Si tratta di una decisione positiva nell’ottica della flessibilità nell’applicazione del nuovo modello di gestione della Pac – ha spiegato – ma la strada verso l’intesa finale è ancora lunga ed incerta”. Per il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini nell’ambito del dibattito ancora aperto sul Quadro finanziario pluriennaleè necessario superare lo storico squilibrio nei fondi europei assegnati all’agricoltura italiana “prima per valore aggiunto ma la meno sostenuta tra quelle dei principali Paesi europei”.

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