Chi era presente alla riunione racconta che i vertici di Gedi, in primis l’amministratore delegato Maurizio Scanavino scelto dagli Elkann nell’aprile scorso, sono rimasti di sasso quando i giornalisti delle quattro testate al centro della vendita hanno tirato fuori “una parte del piano industriale” elaborato dalla società che vuole acquistarle. Le cifre riportate nel documento, consultato da Ilfattoquotidiano.it, parlano di una riduzione del costo del personale giornalistico di almeno 1,3 milioni solo nel 2021, a cui vanno aggiunti quasi mezzo milione di tagli per poligrafici e amministrativi. È questo lo scenario a cui andrebbero incontro Il Tirreno, la Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio e La Nuova Ferrara, rami locali di cui l’ex gruppo Repubblica-L’Espresso vuole liberarsi, cedendoli alla neonata cordata di imprenditori guidata dall’abruzzese Alberto Leonardis. Ma dall’azienda, come si legge nel comunicato sindacale pubblicato dai Comitati di redazione dei giornali coinvolti, su questo sono arrivate solo “risposte evasive“, oltre a una “totale chiusura rispetto alle richieste di tutela dell’organico, all’assenza di garanzie sul futuro delle nostre testate e sull’affidabilità degli acquirenti”. Da qui la decisione di proclamare il terzo giorno di sciopero dopo il primo stop indetto nel weekend.

Una misura drastica, ma necessaria di fronte a una cessione che sembra essere già arrivata alle battute finali. La stessa Gedi, riferiscono i cronisti, ha dichiarato che “che a questo punto subirà un’accelerazione”. Stando a quanto risulta al Fatto.it, le trattative in esclusiva con Leonardis potrebbero chiudersi già venerdì. Il Tirreno e le 3 testate emiliane accusano quindi l’ad Scanavino di aver lasciato “lettera morta” negli ultimi mesi i “piani operativi” previsti per i quotidiani locali del gruppo. “Stupisce poi la rassicurazione che ci stanno cedendo per ‘metterci in sicurezza‘ anche alla luce ‘della crisi che stiamo vivendo‘”, si legge ancora nel comunicato di redazione. Parole che, sostengono gli stessi giornalisti, cozzano con le intenzioni dei possibili acquirenti così come emerso nel documento di cui sono venuti in possesso. A loro parere, non si prevede mai “alcun investimento rispetto all’attuale progetto editoriale, ma anzi annovera tagli consistenti praticamente su tutti i fronti, a partire dal personale (giornalisti, fotografi, collaboratori, poligrafici)”.

Numeri alla mano, risulta che nel 2020 il costo del “personale diretto” del quotidiano toscano ammonta a 7,4 milioni di euro. Insieme agli “altri costi del lavoro” (poligrafici, collaboratori) si arriva a 9,8 milioni di euro complessivi. Le previsioni del “Plan” per il 2021 (attribuibili, secondo gli stessi giornalisti della testata, al neonato gruppo editoriale di Leonardis) prevedono di scendere a quota 8,2 milioni. Entro il 2023 si arriverebbe ancora più giù: 6,8 milioni. Non va meglio per le Gazzette emiliane: attualmente giornalisti, poligrafici e impiegati costano a Gedi 5,2 milioni di euro. Per l’anno prossimo l’ipotesi è arrivare a circa 5 milioni. Un’operazione che, spiegano gli stessi giornalisti sui rispettivi siti web congelati per 24 ore, lascia sul terreno “ancora molte ombre” e “incertezze sul nostro futuro”. “In assenza di chiarezza ci troviamo costretti ad affermare l’importanza di garanzie a tutela dell’occupazione, della libertà di informazione e del patrimonio” che le testate locali “rappresentano per le loro comunità“.

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