La seconda massima dell’imperativo categorico kantiano impone di agire in modo tale da considerare gli altri e se stessi non come mezzi ma come fini, rispettando la dignità umana. Sarebbe tuttavia troppo pretendere una condotta di questo genere dalla gran parte dei politici e funzionari italiani o di altri Paesi, specie – ma non solo – europei. Costoro seguono infatti ben altri imperativi, in primo luogo quelli promananti dai capetti della cordata politica cui sono aggiogati e tutt’al più si spingono ad interpretare il sentimento comune individuando abitualmente sempre le tendenze più deteriori, per accodarvisi passivamente.

Tutto ciò ovviamente ha ben poco a che fare con la dignità umana, a cominciare da quella dei suddetti politici o funzionari. Una conferma palese di questo deprimente stato di cose è fornita in questi giorni dalla situazione del Mediterraneo. Ci sarebbero vari modi per affrontare tale situazione, partendo ad esempio dallo scontro strategico in atto che ha per posta il controllo delle risorse petrolifere e che vede il nostro Paese ridotto al rango di comprimario passivo a fronte dell’evidente spaccatura in atto nelle organizzazioni internazionali di cui facciamo parte, dall’Unione europea alla Nato.

Gli italiani brava gente si accontentano di piazzare armamenti a destra e manca, da Israele all’Egitto, dall’Arabia Saudita alla Turchia. I mercanti d’armi guadagnano e siamo tutti contenti, anche se un domani non troppo lontano quelle armi potremmo ritrovarcele puntate contro. E intanto vengono usate senza risparmio determinando incessanti e crescenti fughe di profughi.

Si tratta a ben vedere di un circuito molto vizioso. Noi e altri Paesi vendiamo le armi, le armi vengono utilizzate e creano profughi, i profughi cercano giustamente di mettersi in salvo, paghiamo determinati Stati o anche bande armate per impedire loro di arrivare dalle nostre parti, gli Stati e le bande armate utilizzano i nostri soldi per comprare altre armi. Il ciclo ricomincia e si alimenta sempre di più.

Come rompere questa circolarità nociva? L’unico modo è, a ben vedere, mettere al centro la dignità umana, i diritti umani e la promozione della pace e della convivenza pacifica. Il governo italiano dovrebbe, in un’ottica del genere, rinunciare ad ogni traffico di armamenti, disdire gli accordi di cooperazione militare con gli Stati citati, a cominciare da Israele. Intervenire pacificamente per sostenere la causa dei combattenti per i diritti umani, a cominciare dagli avvocati turchi della Chd, da quelli rinchiusi nelle carceri saudite, dai palestinesi arbitrariamente arrestati ogni giorno e detenuti senza processo per molti anni, da giovani egiziani come Patrick George Zaky.

Ovviamente tutto ciò ha un costo, anche economico. Ma anche da questo punto di vista, se si adotta una prospettiva che riesca ad andare al di là del brevissimo periodo, i benefici saranno ben presto maggiori. L’alternativa è continuare con la condotta attuale, che vede l’Italia come ingranaggio indispensabile di un meccanismo che continua a produrre ingiustizia, morte e catastrofi. E che, inoltre, determina una sempre maggiore emarginazione del nostro Paese da qualsiasi circuito decisionale.

L’altra faccia di questa medaglia è costituita dall’atteggiamento nei confronti dei flussi dei rifugiati e dei migranti. Il deputato Erasmo Palazzotto ha denunciato giustamente, a tale riguardo, che ci troviamo di fronte a una sorta di salvinismo senza Salvini. Proprio mentre l’ex ministro degli Interni si accinge ad andare a giudizio per le violazioni delle norme penali che gli sono state rimproverate nei ben noti casi Open Arms e Gregoretti, le ministre Lamorgese e De Micheli continuano a frapporre intollerabili ostacoli all’operato delle organizzazioni umanitarie che agiscono, loro sì, in difesa della vita e della dignità umana, facendo un lavoro che dovrebbe fare lo Stato in prima persona.

Come nel circuito vizioso appena descritto, anche in questo caso il governo italiano dà prova di inescusabile miopia. E’ dimostrato come l’accoglienza e l’integrazione dei migranti e dei rifugiati siano vincenti, nel medio periodo, su tutti i piani, compreso quello dello sviluppo economico.

L’Italia dovrebbe invece utilizzare l’innegabile peso politico supplementare acquisito, anche e soprattutto in sede europea, per imporre, in alleanza con gli altri Paesi del Mediterraneo all’Unione, politiche realmente nuove basate sul principio di solidarietà e sul rispetto della dignità umana, che fra l’altro è scritta a chiare lettere nei trattati europei, ma che i governanti europei spesso buttano nel cassonetto per andare dietro ai vari Visegrad e Salvini.

E, per favore, non si venga a dire che con la cultura e coi diritti non si mangia. La mentalità da commercialista padano ha già fatto troppi danni a questo Paese (ben più, per intenderci, dei 49 milioni di cui si parla), specie incarnandosi in persone che, quando parlano di “mangiare”, pensano quasi esclusivamente ai loro stomaci.

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