Con quella circolare del 21 marzo del Dap, che ha consentito a boss mafiosi di uscire dal carcere, il segnale di resa dello Stato è nei fatti. Ed è un segnale devastante, perché evoca, appunto, resa e arrendevolezza da parte dello Stato”. Sono le parole del magistrato Nino Di Matteo, intervistato da Massimo Giletti per “Non è l’arena”. L’ex pm antimafia sottolinea: “Quel provvedimento segue di poco le rivolte organizzate in varie strutture penitenziarie di tutta Italia. E, come era facilmente sospettabile, sembrerebbe che quelle rivolte siano state concepite e anche organizzate da Cosa Nostra e da altre organizzazioni mafiose”.

Di Matteo condivide in toto le parole pronunciate lo scorso giugno, nella stessa trasmissione, da Sebastiano Ardita, per nove anni direttore dell’ufficio detenuti del Dap e oggi componente del Csm. E spiega: “I mafiosi hanno ciclicamente condotto delle battaglie strategiche, anche a colpi di attentati, di bombe, di ricatti, di rivolte organizzate per ottenere degli scopi precisi, come l’abolizione dell’ergastolo, l’abolizione o l’attenuazione del 41 bis, l’ottenimento di arresti domiciliari che consentissero ai mafiosi di tornare a casa e di tornare a comandare, anche durante l’esecuzione della pena. E’ avvenuto tante volte e anche recentemente. Chi conosce il modo di agire di Cosa Nostra, di ieri e di oggi, sa che la questione carceraria è centrale e che sulla questione carceraria si gioca una partita fondamentale e importante nel contrasto ai vertici della criminalità organizzata“.

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