Un classico accordo per assegnare alla figlia del professore una cattedra universitaria. Un obiettivo realizzabile senza troppi problemi, almeno a sentire l’intercettazione di uno dei commissari scelti dai medici indagati: “Tu devi studiare come fare per fottere un concorso, capito?”. Insomma, bastava capire il meccanismo e il gioco era fatto. Almeno secondo la procura di Torino che ha messo sotto inchiesta sei persone per un concorso che – per l’accusa – è stato truccato. I consigli elargiti ai suoi interlocutori il 27 aprile 2017 da Carlo D’Aniello, membro della commissione del concorso e uno dei sei indagati dell’inchiesta chiusa dal pm Giovanni Caspani, illustrano uno spaccato del “baronaggio” universitario torinese: posti assegnati non sempre ai più meritevoli.

L’inchiesta, avviata tre anni fa dal pm Roberto Sparagna, poi affiancato dal collega Caspani, venne chiusa una prima volta a dicembre 2019. Un nuovo supplemento di indagine si è poi concluso nel maggio del 2020 con le notifiche dell’avviso di conclusione indagini che – a causa del blocco legato al lockdown – è arrivato solo nelle scorse settimane. La procura contesta agli indagati la turbativa d’asta, è incentrata sul concorso bandito per un posto da professore universitario nel settore di Chirurgia plastica il 4 luglio 2018. La designata vincitrice, stando sempre alla ricostruzione della procura, era Maria Alessandra Bocchiotti, figlia di Giovanni, noto dirigente medico. Entrambi sono indagati.

Giovanni Bocchiotti, oltre che per turbativa d’asta, secondo il pm sarebbe responsabile anche di istigazione alla corruzione. Come si legge nell’avviso di conclusione indagini è accusato di aver promesso (il 17 aprile 2017) a Stefano Bruschi, direttore di Chirurgia plastica della Città della salute e professore ordinario della scuola di specialità, anch’egli indagato, “lo svolgimento di prestazioni professionali presso il centro medico Cernaia (di cui era direttore sanitario, ndr) a seguito del suo pensionamento, per indurlo a favorire la figlia”. Bruschi – difeso dall’avvocato Stefano Castrale – per l’accusa ha accettato la proposta di Bocchiotti, ex professore della scuola di specialità, predisponendo con gli altri indagati un bando di gara ad hoc per fare vincere Maria Alessandra Bocchiotti. La scelta dei commissari, dunque, secondo la tesi dell’accusa è stata fatta in accordo con gli indagati. Sul tavolo dell’accusa anche alcune mail inviate ai commissari in presenza della stessa vincitrice designata.

Il bando di concorso finisce nel mirino della magistratura prima della scadenza del termine per le domande grazie al coraggio di un medico interessato a candidarsi, Marco Fraccalvieri, assistito dall’avvocato Michele Galasso. Fraccalvieri – che lavorava all’ospedale San Lazzaro e vantava ben 5013 interventi chirurgici effettuati, (al contrario della dottoressa vincitrice, che non avrebbe mai fornito il numero delle operazioni svolte), è stato redarguito da Stefano Bruschi, che in almeno due occasioni gli ha detto: “Il posto del concorso è già assegnato“. Scrive il pm che Bruschi ha prospettato al candidato escluso “un male ingiusto” e gli ha promesso un secondo posto da professore associato, ancora da bandire, affinché non partecipasse alla selezione. Fraccalvieri non si lasciò intimidire e sporse querela, prevedendo ciò che accadde.

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