Dall’essere al servizio dei cittadini al venir indicati come nemici della comunità: i poliziotti americani sono sotto i riflettori da mesi, dalla morte durante un fermo dell’afroamericano George Floyd che ha scatenato di nuovo le proteste di piazza dei Black Lives Matter, e così provano a difendersi creando il contro-movimento Blue Lives Matter (traduzione: “Le vite blu contano”, in onore del colore delle divise).

Simpatizzanti pro-polizia sono scesi in strada di recente in varie città statunitensi, fiancheggiati da personale fuori servizio e uniti sotto il simbolo della bandiera a stelle e strisce, ma tinta di nero e con una riga blu nel mezzo: è l’emblema della sottile linea blu composta dalla pubblica sicurezza nella società. I cortei Blue Lives Matter stanno causando scontri con le più frequentate manifestazioni Black Lives Matter e sono destinati ad aumentare ora che due agenti sono stati feriti nella città a maggioranza afroamericana Compton, alle porte di Los Angeles.

Un attentato che ricorda le origini della corrente a favore di chi indossa il distintivo, diffusa anche con il nome Back the Blue: “Blue Lives Matter è stata fondata nel dicembre 2014 dopo che due ufficiali del dipartimento di New York furono uccisi mentre sedevano nelle loro auto di pattuglia. Il loro assassino li ha presi di mira come rappresaglia per presunte ingiustizie della polizia verso i neri”, si legge nelle pagine di Police Tribune, un sito creato da familiari di agenti.

Le forze dell’ordine si trovano in una situazione difficile dopo gli omicidi dei cittadini afroamericani George Floyd e Breonna Taylor e il ferimento del giovane Jacob Blake da parte di agenti in servizio. Sui social e nelle marce si diffonde la richiesta di una riforma della polizia statunitense, in parte attuata dal presidente Donald Trump dopo il caso Floyd. Accuse di infiltrazioni di estrema destra e statistiche sulla profilazione razziale negli arresti, con maggiori probabilità per i neri di essere fermati, hanno peggiorato notevolmente la figura dei poliziotti negli Usa.

Limitazioni sull’uso delle armi, addestramento a collaborare con le minoranze e un ritorno ai concetti di “proteggere e servire” (come campeggia sulle volanti di numerosi dipartimenti Usa) sono le richieste portate avanti dagli americani stanchi dell’aggressività delle forze dell’ordine. Ma c’è pure la voce degli agenti: “Ciò che è successo a Compton dimostra che il nostro è un lavoro pericoloso e non diventerà più facile perché alle persone non piacciono le forze dell’ordine”, ha detto lo sceriffo Alex Villanueva della contea di Los Angeles.

Negli Stati Uniti i poliziotti sono spesso riuniti in sindacati, potenti organizzazioni in grado di influenzare i voti e fare pressioni sui sindaci, compreso quello di New York. “Stiamo riducendo le dimensioni delle nostre forze di polizia e vogliamo spostare le loro funzioni alle agenzie civili”, ha detto il primo cittadino della Grande Mela, Bill de Blasio, inimicandosi buona parte degli agenti newyorchesi. Non tutti, perché nuovi gruppi di poliziotti di origine latina e afroamericana si sono schierati contro gli abusi compiuti dai colleghi e non sembrano voler tollerare la corrente Blue Lives Matter. I sostenitori dei diritti degli afroamericani argomentano che la scelta di un lavoro non sia paragonabile alle difficoltà dovute al colore della pelle e invocano quindi uno stop agli ingenti fondi per la polizia, chiedendo che i soldi risparmiati vengano spesi nel miglioramento delle condizioni di vita delle fasce di popolazione più povere. I sindacati propongono di equiparare i delitti contro i poliziotti ai crimini d’odio, come già succede in Louisiana. Quanto successo a Compton potrebbe creare ulteriore caos nella già frammentata situazione statunitense.

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