“Il bambino non potrà mai fare movimenti volontari né prendere coscienza di sé”, dicevano i rianimatori ai genitori dopo poche settimane dalla nascita, quando era in coma nel reparto di terapia intensiva. Il piccolo si chiama Sirio e oggi ha 7 anni, riesce a camminare da solo con dei tutori pur avendo una tetraparesi spastica, una paralisi cerebrale, oltre che portatore di tracheotomia e peg. Vive a Roma con mamma e papà che nonostante la sua gravissima condizione non si sono chiusi in se stessi, demoralizzandosi come a volte accade in queste situazioni. Non hanno voluto mollare e anzi hanno deciso di documentare la sua evoluzione imperfetta, il suo percorso di crescita denso di ostacoli, anno dopo anno, in maniera particolare con grande ironia e fiducia.


Valentina Perniciaro, la madre, ha così deciso di creare una pagina Facebook ricca di foto e video intitolata Sirio e i tetrabondi: tetraparesi in movimento e il profilo Twitter Tetrabondi. “L’idea nasce con l’intento di raccontare la disabilità così come è arrivata nella vita di Sirio. Improvvisa e devastante, senza alcuna via di scampo”, racconta Perniciaro a Ilfattoquotidiano.it. “Ma fondamentalmente si racconta la vita di un bambino che sogna di essere come gli altri, che vuole essere accettato, che ha risposto con tenacia ed ironia alla tremenda sfida che lo attendeva già da neonato. Raccontiamo una vita che non vuole pietismi, che non vuole vivere nascosta, che prova desideri e vuole dirlo a tutti”, aggiunge Valentina. “Perché? Lo facciamo per le famiglie che vivono condizioni simili alle nostre, affinché non si sentano sole, non si vergognino, possano trovare la forza di lottare per ottenere tutto quel che serve per aspirare alla normalità ma soprattutto alla felicità. Per scardinare il pietismo, aprendo la strada alla condivisione e all’inclusione vera e propria”.

Sirio incontra la disabilità a 50 giorni di vita, nel lettino di casa sua, dove era giunto da una settimana dopo un iniziale ricovero perché nato prematuro (30° settimana). Dall’ospedale, con un peso di soli 2 kg, viene dimesso in anticipo, circa un mese prima della data della presunta nascita, e a domicilio ha una cosiddetta “morte in culla”, restando per circa 20 minuti senza battito regolare, ma la corsa in ospedale dei suoi genitori riesce a evitare il peggio. In quell’occasione i dottori diramano una prima diagnosi: stato vegetativo. “Il battito del cuoricino ora c’è ma non vi ho fatto un favore”, disse chiaramente l’anestesista rianimatrice ai genitori. Sirio viene messo in ipotermia per cercare di bloccare il danno cerebrale ma resta in coma ancora. Poi il trasferimento inaspettato in neuroriabilitazione per altri lunghi mesi, prima del ritorno a casa che aveva ormai quasi un anno. “Tornato a casa, le condizioni respiratorie erano molto complesse, spesso veniva rianimato da noi, restando attaccato al saturimetro. Sono stati mesi terribili”, racconta Perniciaro.

Poi la storia di Sirio prende una piega diversa. Il bambino sbaraglia tutti i pronostici, dimostrando una irrefrenabile vivacità e desiderio enorme di comunicare, “Sirio è goffo e divertente nei suoi movimenti cosi precari. Dimostra una vitalità incredibile”, spiega la mamma. Dalla prima parziale diagnosi di stato vegetativo, i genitori non si danno per vinti e si impegnano moltissimo a fargli iniziare un complesso percorso di riabilitazione, prima in reparto per mesi e poi a casa, ma solo grazie all’assistenza domiciliare che riescono ad ottenere a seguito di dure battaglie. “Siamo riusciti a ottenere 11 ore di assistenza al giorno di infermieristica domiciliare a fronte di soli 30 minuti che voleva disporre in un primo momento l’Asl, questo ci ha permesso di sopravvivere nei mesi più duri”.

Sirio con il tempo prende coscienza di sé, di ciò che lo circonda, reagisce agli stimoli e migliora. Da quando ha 5 anni cammina con i suoi grandi tutori e da pochi giorni è tornato a frequentare la scuola, in seconda elementare. “Rientrare in classe, zaino in spalla e passo sbilenco ma felice dopo mesi di chiusura e di lontananza da bambini e insegnanti lo ha travolto di gioia”, dice Valentina. “Niente più che l’isolamento e la solitudine aggravano le disabilità. La scuola, come tutti i percorsi inclusivi, permette a bambini come Sirio una normalità, un scambio sereno, un approccio alla didattica sano e fruttuoso”, sottolinea.

Per Valentina risulta “fondamentale dimostrare a tanti genitori che vivono i nostri stessi problemi che si può andare avanti, uscire dal silenzio e dalla solitudine, che è possibile raggiungere una piccola autonomia anche nei casi più estremi”. “Certo – prosegue – lo Stato e gli enti locali devono fare la loro parte, essere più efficaci con interventi di sostegno maggiori a tutela dei minori con disabilità grave. Non bisogna abbandonare le singole famiglie nelle lungaggini burocratiche della pubblica amministrazione per vedere riconosciuti i propri diritti”.

Da soli non riuscivano a farcela e hanno chiesto più aiuti alla Regione Lazio per l’assistenza sanitaria, al Comune di Roma per l’inclusione scolastica e all’Inps hanno inviato la domanda di aggravamento per avere la pensione di invalidità idonea. Un esempio delle loro tante battaglie è il sostegno scolastico: per ottenere sostegno e l’assistente alla comunicazione hanno dovuto fare ricorso e vincerlo.
Come vedono Sirio da grande? “Pensare al futuro è sicuramente quel che fa più paura. Abbiamo imparato a non considerare sogni i nostri desideri per lui, perché solitamente i sogni rimangono tali e Sirio invece, passo tremolante dopo passo, è riuscito a realizzarne già molti”. “Trasformare i sogni in realtà è la sua grande capacità, lo fa senza credere ai miracoli, ma credendo nella scienza, nella tenacia, nell’importanza della condivisione e dell’inclusione, nell’impegno costante che mette per strappare ancora pezzi di libertà e autonomia alla vita. Sirio ci ha permesso di uscire dalla disperazione perché ci comunica, ci dimostra che vuole continuare a vivere e andare avanti”.

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