Due agenti della polizia di frontiera francese sono stati condannati il 30 luglio dal Tribunale di Gap per violenza, falso e appropriazione indebita. L’indagine nei loro confronti era partita grazie alla registrazione audio raccolta e diffusa anonimamente dagli attivisti di “Chez Jesus” e pubblicata nel settembre 2018 dal Fattoquotidiano.it. La notte tra il 4 e il 5 agosto 2018, dopo essere stati fermati in territorio francese all’altezza di Monginevro due ragazzi minorenni originari del Mali erano stati trattenuti, identificati e respinti in Italia dalla polizia francese. Arrivati a Claviere, i ragazzi si resero conto di essere stati “alleggeriti” di tutti i propri risparmi per il viaggio, rispettivamente 600 e 200 euro. Inconsapevoli del fatto che il loro stesso respingimento era illegittimo, in quanto come minorenni la Francia avrebbe il diritto/dovere di prenderli in carico, uno dei due giovani, che al momento dei fatti aveva 16 anni, decide di tornare sui propri passi per chiedere il proprio denaro agli stessi agenti che l’avevano appena fermato, con l’accortezza di registrare con il telefono acceso nascosto in tasca tutto quello che sarebbe successo. È proprio grazie a questa registrazione audio dell’adolescente del Mali, difeso dall’avvocato Vincent Brengarth, è riuscito a incastrare l’agente che l’ha minacciato e aggredito nell’indifferenza dei colleghi per “aver osato accusare di furto degli agenti di polizia”.

La sentenza di giovedì scorso ha condannato a 18 mesi Joffrey Carron, che era già stato sospeso da febbraio, per falso e appropriazione indebita, reati non connessi a questi fatti ma emersi nel corso delle indagini, mentre François Maison (51 anni) è stato condannato a due anni, 1.000 euro di multa e un risarcimento di 900 euro, per aver “usato violenza intenzionale contro un richiedente asilo minorenne”. Entrambi gli operatori della PAF (Police aux Frontieres), la cui pena è stata sospesa per la condizionale, sono stati interdetti per cinque anni dai pubblici uffici. La linea difensiva di Maison è stata quella di aver agito “sotto pressione”, e “su ordini specifici ricevuti dai superiori”, che quella notte gli avrebbero chiesto di “respingere almeno quattro persone in Italia”. Insomma a causare le violenze nei confronti del ragazzino sarebbe stato il “nervosismo” procurato all’agente dal non essere riuscito nell’ingrato compito che gli era stato assegnato di fermare e respingere un numero minimo di persone nel quotidiano “ping-pong” di richiedenti asilo che provano a varcare la frontiera franco-italiana.

Una giustificazione ritenuta irrilevante dalla Corte di Gap, che non ha neanche preso in considerazione il tentativo avanzato dall’agente di giustificare i segni delle percosse fotografati sul corpo del ragazzo nelle ore successive a “contusioni che si sarebbe procurato da solo cadendo dopo essere stato spinto da un collega contro un cartello stradale per legittima difesa”. Riguardo alle minacce di “deportazione in Libiache si sentono distintamente nella registrazione audio, gli agenti ammettono di essersele “lasciate scappare”, così come la frase: “Se non te ne vai ti spingo nel torrente”, particolarmente infelice visto l’episodio di pochi mesi prima, quando Blessing Mathew, ragazza nigeriana di 21 anni, era morta proprio affogando tra le acque del fiume che attraversa Briancon nel tentativo di sfuggire alla polizia.

A margine dell’udienza, l’associazione Tous Migrants, che accoglie e sostiene i migranti sulla rotta alpina tra Claviere e Briancon, denuncia che violazioni come questa sarebbero all’ordine del giorno: “Solo nell’ultimo anno abbiamo raccolto oltre 40 testimonianze – spiegano – ma non è facile raccogliere prove sufficienti per identificare i singoli agenti che abusano del proprio potere e riuscire a portarli in Tribunale”. Nel frattempo a inizio luglio la Francia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver lasciato i richiedenti asilo in “condizioni di vita disumane e degradanti” (con riferimento ai container della frontiera di Ventimiglia) mentre il Consiglio di Stato francese ha recentemente dato ragione alle Ong che dal 2015 denunciano la “violazione sistematica” delle norme che regolano l’immigrazione da parte della polizia di frontiera francese: “Rifiutando di registrare la domanda d’asilo e di esaminarla con le garanzie previste dalla legge, la PAF ha compiuto in diverse occasioni gravi e manifestamente illegali violazioni del diritto d’asilo, che costituisce una libertà fondamentale delle persone”.

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