Immaginate Tiziano Crudeli in fila dal panettiere. Una fila lunga, sostenuta, tesa. Tutti con la mascherina. Magari qualcuno pure con quella nerazzurra. A Tiziano esce un po’ di fumo delle narici. Rotea le pupille come nel Ventennio. Batte un piede per terra come un ballerino degli Stomp. Si entra uno alla volta e non si sa cosa è rimasto sugli scaffali alle spalle del commesso. Vuoi che quando è il turno di Tiziano, dopo una buona quindicina di minuti, le michette sono finite. Proprio un attimo prima che entrasse lui. L’ultima michetta gliel’ha sfilata uno che somiglia a Elio Corno. Ecco, a questo punto non vorremmo mai essere nei panni del panettiere. Tiziano Crudeli è fatto così. Per lui ogni motivo è buono per urlarti sul naso il suo pacato dissenso. Hai pronunciato male Saelemaekers? Rischi un improperio nemmeno presente nell’appendice della Treccani. Hai segnato come autogol del difensore avversario una rete di Ibrahimovic? Meglio infilarti i tappi nelle orecchie e metterti una cuffia per non far rizzare i capelli. Hai confuso Bonucci con Costacurta? Corri a ripararti il capo con un elmetto della Wermacht come Fantozzi durante la riunione di condominio.

Crudeli non ti lascerà scampo fino a che morte (tua) non sopraggiunga. La tradizione dell’improperio urlato va avanti da parecchi lustri. Immortale. Almeno fino a ieri. Almeno fino all’ultima puntata de Il Processo. Perché già che esista una trasmissione tv (è su 7Gold, per chi il lunedì sera è sintonizzato su Pornhub o Montalbano) che si rifà al prociesso del Biscardone dovremmo chiamare la Siae, o la Murgia (altrimenti a che servono?). Ma metterci lì, sulla poltrona da salotto, un Crudeli stanco, spento, disilluso, esanime, è davvero un crimine contro l’umanità del dio pallone. Ricordiamo che Tiziano, tra tutti i commentatori/telecronisti/tifosi scalmanati della tv che hanno urlato “gol” dopo che ha segnato la propria squadra del cuore, quasi detiene il primato mondiale della “o” di “gol” prolungata: sette minuti e dodici secondi dopo un gol di Kakà all’Avellino, dietro soltanto ad Everaldo Marques che ha sfiorato i sette minuti e venti per la “o” di gol dopo la rete di Adriano in un’amichevole del Brasile con il Liechtenstein. Ebbene Tiziano è così.

Esuberante, sovraccarico, devastante. Ma non l’altra sera. E non conta stare qui a fare lo scoop segnalando che ad un certo punto dal bracciolo della poltrona gli è caduto lo stick vuoto di benzodiazepine. Crudeli, perdonateci la freddura, non era crudele. Non azzannava. Non uccideva. Ma soprattutto: non urlava. “Io non dico nulla, baso sempre le mie convinzioni su dati di fatto inoppugnabili: risultati e numeri”, ha sciorinato nel silenzio più rispettoso di Maurizio (Biscardi),Vittoria Castagnotto (la valletta, come diceva Franesco Salvi, “luunga”) e degli altri ospiti in studio come Francesco Oppini che lo stuzzica, nemmeno fosse Fabio Ravezzani con Mimmo Pesce, spiegandogli che la pausa in campo si chiama “cool in break”. Insomma un guru in pieno apice zen. Certo, qualcuno ha provato a controllare che Tiziano non indossasse un saio sotto la camicia bianca a righine nere su giacca antracite. Ma niente: era tutta farina del suo sacco. Autoritario e senza sbraitare: “La Lazio era la prima alternativa alla Juve poi è crollata (Lapalisse, ndr). Nelle ultime otto gare ha fatto otto punti. Non è quindi all’altezza di otto partite fa (numeri, solo numeri, dati inoppugnabili – cit.)”.

Con un filo di autorevolissima voce: “La Juventus ha 4 attaccanti che hanno segnato 47 gol (Lapalisse più numeri, sempre numeri, per avere dati inoppugnabili ndr e cit). Solenne: “La Juventus vincerà anche questo, nonostante abbia qualcosa come 11 punti in meno rispetto all’anno scorso, sta dimostrando di essere la più forte, nonostante le polemiche abbiano inciso notevolmente”. E qui Tiziano perde per un attimo l’aplomb dell’inflessibile macchina da numeri. Si lascia sfuggire una briciola di personalissima opinione. Chi lo conosce, quindi, avrebbe dovuto fermarlo. Perché basta che qualcuno lo derida, lo guardi perplesso, magari gli si sovrapponga prima che finisca di parlare, ed ecco che cala la mannaia dell’ira funesta. Se incontri Sartana Crudeli prega per la tua morte. “Allora l’analisi l’ha fatta lui, quindi la faccio anch’iooooo” (urla con leggero arrossamento delle gote e senza numeri, anche se molto Lapalisse). “Ho bisogno che me lo dica luiiiii? (milioni di decibel più alti della media umana, con droplets visibili ad occhio nudo) Io studio! Non come voi che…”. Infine, per l’odiato nemico Conte (Antonio): “Che giustificazione puerile ha cercato il signor… ? (Crudeli in versione Emilio Fede) Come si chiama (apoteosi) il ministro del Consiglio?”. Poi la chiosa, sottovoce, da anziano ai giardinetti, con occhio inumidito da pescegatto dei Navigli: “Facciamo un cool in break con la fanciulla (la Castagnotto)?”. (Ma Michele Murgia dov’è? Quando serve non c’è mai…).

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