Una vera e propria rivolta dei dipendenti, che hanno denunciato molestie e sessismo delle alte gerarchie, ha costretto alle dimissioni i vertici di Ubisoft, gigante dei videogiochi fondato in Francia. Dopo giorni di pressioni hanno lasciato il direttore creativo e numero 2 del gruppo, Serge Hascoet, il responsabile degli studios canadesi, Yannis Mallat, e la direttrice delle risorse umane, Cécile Cornet. Le dimissioni “fanno seguito ad un rigoroso esame che la società ha condotto in risposta alle recenti affermazioni ed accuse di cattiva condotta e comportamenti inappropriati”, ha fatto sapere Ubisoft, che tra i suoi giochi più famosi annovera Assassin’s Creed e Tom Clancy’s, in un comunicato. La Cornet lascia la carica ma, a quanto sembra, resta in azienda.

Da due settimane lo scandalo non faceva che montare. Il fondatore e presidente, Yves Guillemot, ha ammesso che le molestie sessuali da parte dei vertici del gruppo fanno emergere che Ubisoft “non è stata in grado di garantire ai suoi collaboratori un ambiente di lavoro sicuro ed inclusivo”. E questo “non è accettabile”. Era stato lui, la settimana scorsa, a voler istituire uno strumento interno per consentire ai dipendenti di denunciare in modo anonimo casi di aggressione o molestie. Sabato il quotidiano Liberation ha scritto che la metà dei casi emersi erano noti alle team delle Risorse Umane, accusate di aver insabbiato gli scandali.

L’uscita più clamorosa è quella di Hascoet, bretone, in azienda fin dalla fondazione nel 1986 e considerato il braccio destro di Guillemot. Da oltre 20 anni era il supervisore dei giochi Ubisoft e il garante della linea editoriale. Il suo potere sulle sedi del gruppo e l’attività degli studios era assoluto. Le denunce di molestie e in qualche caso di vere e proprie violenze sessuali da parte di dirigenti avevano portato la settimana scorsa al primo licenziamento, quello del franco-americano Tommy François.

A carico di Hascoet non ci sono accuse personali di molestie o aggressioni a scopo sessuale ma “è lui che ha reso possibile questa cultura tossica”, ha denunciato una persona impiegata in azienda a Liberation. Qualcuno ha testimoniato che Hascoet “ringhiava come un cane” davanti ad alcune impiegate, atteggiamento che sarebbe stato imitato da suoi sottoposti che, in cambio, lui proteggeva. Scontrini personali che finivano in nota spese completano il quadro delle accuse a carico di Hascoet. Una ventina di altri dirigenti sarebbero oggetto di indagini private commissionate a importanti studi legali.

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