Mohamed Soltan è un difensore dei diritti umani egiziano che ha anche passaporto degli Usa, dove attualmente risiede. Il 1° giugno, avvalendosi della Legge federale per la protezione delle vittime di tortura, che consente di chiamare in giudizio funzionari di Stati esteri per torture ed esecuzioni extragiudiziali, si è recato alla Corte distrettuale federale del distretto di Columbia.

Lì Soltan ha presentato denuncia nei confronti dell’ex primo ministro egiziano Hazem al-Beblawy, che ritiene responsabile della tentata esecuzione extragiudiziale e delle torture subite in carcere. Arrestato nel 2013 in quella che è passata alla storia come la “Tiananmen del Cairo” e condannato all’ergastolo, Soltan venne rilasciato su pressioni del governo statunitense nel maggio 2015.

Al-Beblawy vive a sua volta negli Usa e rappresenta l’Egitto e diversi altri Stati arabi all’interno del Fondo monetario internazionale.

Come già in passato, la rappresaglia degli apparati di sicurezza egiziani contro la famiglia di Soltan è scattata di lì a poco. All’una di notte del 9 giugno, 20 agenti (parte in divisa, parte in borghese ma tutti armati) hanno fatto irruzione nella casa dei familiari di Soltan a Berket al-Sab, nel governatorato di Menoufia. Hanno perquisito l’abitazione, controllato i telefoni cellulari dei presenti, fatto alcune domande su Soltan e sono andati via.

Sempre alla stessa ora ma il 15 giugno, c’è stata una seconda irruzione nella casa di Berket al-Sab. Questa volta, senza esibire alcun mandato d’arresto e fornire spiegazioni, gli agenti hanno portato via tre cugini di Soltan: Mahmoud, Ahmed e Mostafa, rispettivamente di 21, 23 e 24 anni.

Lo stesso, in contemporanea, è accaduto nell’appartamento di uno zio di Soltan ad Alessandria. A essere portati via sono stati altri due cugini di Soltan, Hamza ed Esmat, rispettivamente di 20 e 23 anni.

Dopo due giorni di sparizione, i cinque cugini sono comparsi di fronte alla Procura suprema per la sicurezza dello Stato, il famigerato organo giudiziario che si occupa di indagini sulle minacce alla sicurezza nazionale, e sono stati accusati di “diffusione di notizie false” e di “adesione a un’organizzazione terrorista”.

Come succede sempre in questi casi, sono stati disposti 15 giorni di detenzione preventiva e chi legge questo blog sa che ci saranno rinnovi su rinnovi. L’obiettivo di queste azioni di rappresaglia pare chiaro: far desistere Mohamed Soltan dal portare avanti la causa contro al-Beblawy.

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