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Truffa telefonia, novità nel decreto Rilancio: l’Antitrust può bloccare i servizi a pagamento attivati senza consenso, multe fino a 5 milioni

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, si legge nell'emendamento approvato con voto bipartisan in Commissione, può "ordinare, anche in via cautelare" la "rimozione di iniziative o attività destinate ai consumatori italiani e diffuse attraverso le reti telematiche che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta". Nuovi poteri introdotti per scongiurare altre maxi frodi come quella scoperta dai pm milanesi: previste anche multe fino a 5 milioni di euro
Truffa telefonia, novità nel decreto Rilancio: l’Antitrust può bloccare i servizi a pagamento attivati senza consenso, multe fino a 5 milioni
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L’Antitrust può bloccare i servizi di telefonia attivati senza consenso degli utenti. Mentre proseguono le indagini della Procura di Milano sulla maxi frode informatica da decine di milioni di euro, la novità è stata inserita nel decreto Rilancio durante l’esame in commissione Bilancio della Camera. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, si legge nell’emendamento, può “ordinare, anche in via cautelare” la “rimozione di iniziative o attività destinate ai consumatori italiani e diffuse attraverso le reti telematiche o di telecomunicazione che integrano gli estremi di una pratica commerciale scorretta“. I destinatari di questi ordini hanno l’obbligo di inibire l’uso delle reti che gestiscono “o in relazione alle quali forniscono servizi, al fine di evitare la protrazione di attività pregiudizievole per i consumatori e poste in violazione del Codice del Consumo”. La modifica, a firma Brunetta, riformulata e approvata dalla commissione con un voto bipartisan, prevede anche multe fino a 5 milioni “in caso di inottemperanza” degli operatori.

I nuovi poteri all’Antitrust dovrebbe servire a scongiurare altre maxi truffe come quella scoperta dai pm milanesi. Un “business” che, come ha ricostruito il Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza, si realizzava attraverso il meccanismo del cosiddetto “0click”: i servizi aggiunti a pagamento venivano attivati senza che l’utente cliccasse o si iscrivesse a nulla. D’altronde, scrive il pm Francesco Cajani che coordina l’inchiesta con l’aggiunto Eugenio Fusco, sarebbe “bastato, in tutti questi travagliati anni, verificare, su base mensile, quali fossero i Csp”, i content service provider, “e ‘aggregatori’ i cui servizi fossero in misura maggiore oggetto delle richieste di disattivazione“. Ossia, andare a vedere quante volte gli utenti erano costretti a chiedere lo stop al pagamento di servizi, come meteo, suonerie, oroscopi, che non avevano mai richiesto. E così si potevano “reprimere” sul “nascere pratiche illecite” diventate “prassi radicata e allo stato incontrastata“.

La procura di Milano ha messo sotto indagine 11 persone, accusate a vario titolo di frode informatica ai danni dei consumatori, intrusione abusiva a sistema telematico e tentata estorsione contrattuale. Perquisizioni e sequestri sono stati effettuati nella sede legale di Wind-Tre, ma i magistrati hanno inviato una lettera all’Agcom in relazione alla posizione di Vodafone, Tim e un’altra società. Gabriele Andreozzi, responsabile di una delle società al centro dell’inchiesta, ha raccontato agli inquirenti di un elenco con più di un milione di numeri di telefono sui quali attivare i servizi a pagamento.

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