Il modus operandi è sempre lo stesso, il risultato anche e senza che il cliente se ne accorga il conto telefonico viene prosciugato. È l’eterno problema dei servizi aggiuntivi a pagamento per i telefoni cellulari: giochini, oroscopo, meteo e altre applicazioni che vengono installate senza la richiesta degli utenti, spesso utilizzando banner pubblicitari o altri “click nascosti”. Un mondo immenso che ogni anno incassa circa 1 miliardo e mezzo e sul quale la procura di Milano ha aperto una piccola breccia. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, la procura lombarda ha sequestrato 12 milioni di euro a una società con sede a Roma, la Pure Bros Mobile spa, indagando Angelo Salvetti e Fabio Cresti, e di conseguenza la stessa azienda per “accesso abusivo a sistema informatico”.

L’articolato mondo dei servizi aggiuntivi si basa su tre assi, come riporta il giornale di via Solferino: le aziende content service provider (csp), che producono e commercializzano i prodotti aggiunti che l’utente può richiedere o con un sms o con un doppio click sulla pagina internet, gli operatori di telefonia mobile, che addebitano l’importo sulla sim, e gli hub, cioè piattaforme di aziende specializzate tramite i quali l’operatore gestisce l’addebito. Il costo del servizio aggiuntivo, quindi, viene ripartito in tre: la compagnia telefonica trattiene il 40-50% del prezzo pagato, l’hub tecnologico il 5-7%, il resto va alle aziende produttrici del contenuto.

E proprio partendo da un contenzioso civile tra questi tre assi, la procura di Milano è arrivata oggi al sequestro. Nel 2019 infatti la Polizia postale punta l’attenzione sull’hub romano Pure Bros Mobile spa: la società di contenuti DigitApp si vede contestare da un operatore telefonico alcune attivazioni indebite e parte al contrattacco e invia una querela tramite l’avvocato Giampiero Biancolella, affermando di subire un’estorsione da parte della compagnia telefonica sotto forma di calo forzato degli abbonamenti perché rifiuta di usare le società di pubblicità raccomandate dall’operatore. Con una perizia, poi, scrive ancora il Corriere della Sera, dimostra di essere vittima di un attacco informatico. Anche la Pure Bros, dal canto suo, afferma di essere “del tutto estranea ai fatti sinora contestati”. Da qui il lavoro del procuratore aggiunto Eugenio Fusco, che indaga appunto per l’ipotesi di “accesso abusivo a sistema informatico” e che ha ottenuto dalla giudice per le indagini preliminari Stefania Nobile, il sequestro preventivo di 4,2 milioni, di 3,9 milioni e di 4,1 milioni, che deriverebbero, secondo l’accusa, proprio dal reato di frode informatica, evitando il rischio che questi finissero, a causa di un decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma, a Dubai a una società di contenuti che reclamava soldi alla società romana.

Sul tavolo degli inquirenti, non solo una serie di abbonamenti aggiuntivi fraudolenti, cioè attivati sui cellulari degli utenti senza che questi se ne rendessero conto, ma anche servizi aggiunti che sembrano surreali. Come quelli attivati nelle sim “machine to machine” cioè quelle utilizzate nella domotica ad esempio per far comunicare il termostato con la caldaia, o il frigorifero, come se l’impianto d’allarme volesse sapere che meteo farà domani. Tra le pagine dei sequestri, si può cogliere anche, conclude il Corriere, come Pure Bros fa l’hub tecnologico per Wind, Pure Content Mobile srl fa l’hub tecnologico per Vodafone. Approfondendo i rapporti tra l’azienda romana e i fornitori esteri di Dubai, infine, la gip sottolinea che i pagamenti “si riferiscono a servizi aggiuntivi frutto di indebite attivazioni erogate a clienti degli operatori di telefonia mobile Wind, Tim e Vodafone” almeno fino al 30 ottobre 2019.

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