Sessanta tonnellate di plastica sui fondali del mar Tirreno, tra Piombino e l’Isola d’Elba, lasciate lì da cinque anni. Nessuno interviene, la nomina del commissario speciale per recuperarle viene bloccata dalla burocrazia romana e nel frattempo le ecoballe iniziano a sfaldarsi inondando di plastica i fondali e la costa toscana. Che qualcosa non abbia funzionato nel tentato recupero e poi nell’abbandono di 56 ecoballe disperse il 23 luglio 2015 dal cargo IVY, partito da Piombino e diretto in Bulgaria, era noto a tutti. Ma adesso è arrivato il colpo a sorpresa dopo un mistero che va avanti da cinque anni: Greenpeace ha presentato un esposto alla Corte dei Conti contro la Regione Toscana con l’accusa di danno erariale. Secondo l’associazione ambientalista, la giunta regionale aveva in mano – dopo averla ereditata dalla Provincia – una fideiussione da quasi 3 milioni di euro stipulata dalla società di spedizione del cargo nel caso in cui qualcosa fosse andato storto e avrebbe prontamente restituito quei soldi senza usarli per recuperare le 56 ecoballe finite in mare.

Nel fine settimana, la Regione Toscana ha risposto con una nota negando ogni responsabilità e competenza sull’accaduto: “Nessuna titolarità del presidente o della giunta regionale in relazione all’atto contestato da Greenpeace” è la versione degli uffici regionali. Il governatore Enrico Rossi, principale accusato dall’associazione ambientalista per aver “firmato” lo svincolo della polizza, invece ha spiegato che la Regione “non ha competenze specifiche” ma allo stesso tempo ha chiesto al ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, di nominarlo “commissario”: “È una vergogna che attorno a questa vicenda si perpetui troppa incertezza dei poteri” ha concluso Rossi facendo riferimento alla nomina del contrammiraglio Aurelio Caligiore, bloccata da un ricorso dell’Antitrust perché sarebbe incompatibile essendo a capo delle Capitanerie di Porto della zona.

In questa vicenda, l’unità investigativa di Greenpeace ha svolto un lavoro certosino consultando i documenti del fascicolo aperto nel 2015 dalla Procura di Grosseto subito dopo la dispersione in mare delle 60 tonnellate di plastica. Nei casi di spedizioni transfrontaliere, la fideiussione è considerata un atto normale per vigilare sul regolare svolgimento dell’operazione e avere una garanzia economica se qualcosa dovesse andare storto. In questo caso, le ecoballe provengono da una ditta di Grosseto, l’impianto delle Strillaie Futura spa, e sono destinati a due impianti in Bulgaria: Ecorec Bulgaria Eood e la Holcin Bulgaria. Della spedizione invece si occupa la Eco Valsabbia srl e la Ecoexport srl. Il 23 luglio 2015, a bordo del cargo IVY, dal porto di Piombino parte una prima tranche da 1800 ecoballe ma vicino all’Isola di Cerboni il comandante turco, Sinan Ozkaya, ne disperde 56 per non perdere l’assetto della nave. Oggi, dopo cinque anni, sono ancora lì in fondo al mare e si stanno sfaldando riempiendo mare e coste di plastica.

Secondo Greenpeace, la Eco Valsabbia ha stipulato una fideiussione da due milioni, 807.717 euro e 93 centesimi a favore del ministero dell’Ambiente, conferita all’Autorità competente di spedizione, ovvero la Provincia. Lo svincolo dalla fideiussione, scrive l’associazione ambientalista nell’esposto, “è subordinato al ricevimento da parte della Provincia dei certificati di avvenuto corretto smaltimento del carico coperto”. Ovvero: restituirà i 3 milioni solo quando sarà accertato che il carico sarà arrivato a destinazione e smaltito. “Eppure – continua Greenpeace – nonostante parte di questi rifiuti non sia mai stata correttamente recuperata visto che si trova in fondo al mare, e nonostante lo Stato stia sostenendo spese per la sua dispersione in mare, Eco Valsabbia ottiene lo svincolo della fideiussione”. A svincolare la polizza è Rossi, scrive l’associazione ambientalista, perché nel frattempo le funzioni delle Province sono passate alle Regioni, compresa quella di autorità di spedizione. L’esposto alla Corte dei Conti potrebbe ora interessare anche alla Procura di Livorno che ha aperto un’inchiesta sulla dispersione dei rifiuti e sulla gestione successiva.

“Chi inquina paga” – Greenpeace sta portando avanti la battaglia del recupero delle ecoballe da anni: “Questa vicenda sembra evidenziare una serie di errori da parte delle autorità coinvolte, a partire dal fatto, gravissimo, di non essere intervenuti prontamente come prevede la normativa, e avere lasciato per cinque anni il mare e le sue creature in balia di tonnellate di plastica – attacca Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace – i fatti documentati dimostrano che nell’elenco delle Aree Marine Protette si può impunemente inquinare, trasformando una area da salvaguardare in una grande discarica sottomarina senza che il principio ‘Chi inquina paga’ venga concretamente applicato”. All’attacco di Rossi va anche il sindaco di Piombino, Francesco Ferrari (Fratelli d’Italia): “Per anni non ha speso una parola sulle ecoballe”.

Dagli uffici della Regione Toscana però non ci stanno, negando ogni competenza sull’accaduto: “L’atto, che risale al novembre 2016, è stato firmato in piena autonomia dall’allora dirigente competente per legge ingegner Andrea Rafanelli (Settore Autorizzazioni rifiuti e bonifiche), attualmente non più dipendente della Regione Toscana” si legge nel comunicato. Poi arriva lo scaricabarile sul ministero dell’Ambiente: “In questi casi di trasporti trasfrontalieri, la fideiussione è prestata a favore del ministero dell’Ambiente a cui la suddetta nota di svincolo fu trasmessa per conoscenza – fanno sapere da Palazzo Strozzi Sacrati – Nessuna informazione fu data invece al direttore competente, né all’assessore né tanto meno al presidente. Al ministro Costa, che nell’agosto 2018 domandò chiarimenti in merito all’atto di svincolo, la Regione ha risposto inoltrando l’istruttoria svolta dalla struttura dell’allora dirigente”.

@salvini_giacomo

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