La tensione politica nel Paese resta costantemente elevata. Abbiamo attraversato da febbraio alcuni mesi terribili, il lockdown, migliaia di morti, l’economia bloccata, nello stesso tempo il conflitto tra opposizione e governo, non si è mai placato, se vogliamo dirla tutta, non c’è stato giorno in cui l’opposizione, legittimamente, non abbia cercato in tutti i modi di “mettere in croce” il governo e Conte in particolare.

Oltre l’opposizione delle forze politiche, c’è stata quella delle Regioni guidate dalla Lega e dalla destra, ma anche di volta in volta di alcune a guida centrosinistra. Un contrasto fatto di rivendicazioni di preminenza, di contestazione delle prescrizioni del governo, delle relative applicazioni. Ha riguardato la gestione dell’emergenza e, superato il picco dei contagi, le scelte di graduale riapertura. La pandemia ha creato una competitività istituzionale a livelli ai quali non si era mai giunti in precedenza, nonostante le pretese di autonomia rafforzata da parte di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Nonostante i richiami alla “tregua” di Sergio Mattarella in coincidenza dei passaggi più delicati, non c’è mai stato un momento di effettiva cooperazione tra maggioranza e opposizione. Si è giunti da parte dei leader di lega, Fratelli d’Italia e solo meno forzosamente di Forza Italia, a contestare qualsiasi scelta, tranne il lockdown che proprio non si poteva, in ultimo perfino la app Immuni che dovrebbe essere un mezzo per tenere sotto controllo l’epidemia viene apertamente boicottata, in nome non si sa di cosa, avallando e di fatto alimentando un atteggiamento di mancanza di responsabilità nella popolazione, già normalmente assai diffidente verso lo Stato.

La scommessa sciagurata è il fallimento del governo nelle politiche di prevenzione, anche se ciò dovesse costare un peggior controllo sanitario della pandemia e magari la ripresa del contagio. In ogni caso, che l’opposizione contrasti la maggioranza fa parte delle regole del gioco e nessuno si sognerebbe, a per parte per gli eccessi salviniani, di contestarne la piena legittimità.

Altra cosa quando il contrasto avviene, come possiamo constatare quotidianamente, da parte di componenti della stessa maggioranza. In particolare Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, sono di fatto fiancheggiatori dell’opposizione nell’azione di critica costante al governo, si può dire per qualsiasi scelta.

È stato così per gli Stati generali, a di là della loro efficacia da dimostrare in concreto, un evento per connettere l’azione del governo con il lavoro svolto dal team di esperti in materia economica e sociale guidati da Vittorio Colao e di mantenere un rapporto di dialogo con tutte le categorie sociali. Cosa c’è di sbagliato in questo metodo? Si accusa Conte di averli voluti per puro protagonismo personale, se non avesse fatto niente gli avrebbero contestato l’immobilismo.

Anche a questo appuntamento l’opposizione non ha partecipato, come anche nel successivo confronto, da loro richiesto, in Parlamento, ma è mai pensabile che forze di maggioranza attacchino il governo perché prepara un programma? Non meno pesante è l’azione di opposizione dei principali organi d’informazione sia cartacei che radiotelevisivi e social network.

Un paese che ci ha abituato dal dopoguerra al conformismo dominante dei media main stream, sempre filo-governativi, oggi sono tutti sulle barricate, senza quai eccezioni. Tutti contro questo governo che è di volta in volta, inadeguato, fallace, inconcludente, bocciato dai sondaggi, diviso (questa è un’accusa molte volte vera), claudicante e costantemente in procinto di cadere.

E se la stampa non si schiera apertamente per la caduta, comunque lavora per aumentare le divisioni, sia nel governo che all’interno degli stessi partiti. Ora è la volta di Nicola Zingaretti nel mirino, prima era Alessandro Di Battista in procinto di scagliare l’attacco al quartier generale dei cinque stelle.

Questa posizione “schierata all’opposizione” per certi versi inusitata dell’informazione che si è rafforzata con l’ultima eclatante acquisizione del gruppo editoriale Espresso da parte del più grande gruppo industriale privato del Paese, determina un panorama mediatico sorprendente e inquietante. Siamo un Paese in cui il pluralismo informativo non ha mai brillato, in particolare per la pesante lottizzazione partitica della televisione pubblica e per il peso condizionante di molti poteri forti sull’esercizio di una vera libertà di stampa e di circolazione della critica al sistema.

Tant’è che nelle graduatorie degli osservatori in questo settore, figuriamo in una posizione molto debole per un Paese europeo. Oggi siamo paradossalmente ad un processo per certi versi capovolto: si esercita una critica sistematica al governo che viene pre-giudicato male, a prescindere da qualsiasi considerazione di contesto e dai risultati concreti.

Cosa accade? L’interrogativo arrovella più di un osservatore tant’è che un gruppo di intellettuali, con in testa la politologa Nadia Urbinati, ha sollevato il problema con un appello “basta con gli agguati” per sensibilizzare l’opinione pubblica, certo non con l’intento di schierarsi col governo sic et simpliciter bensì di suscitare la riflessione sullo stato della nostra democrazia dell’informazione. L’appello ha raggiunto in pochi giorni ventimila firme e successivamente si è attivato un sito per proseguire il dibattito.

Di tutto ciò discuteremo a Bologna giovedì 2 luglio, alle 21.30 nel corso di un incontro Media e democrazia promosso dall’associazione il manifesto in rete, presso il circolo La fattoria in via Pirandello 7 con la partecipazione di Nadia Urbinati, di Mattia Santori portavoce delle “Sardine” e di Stefano Feltri, neodirettore del quotidiano Domani.

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